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Sapere al popolo: il governo britannico libera i dati

Una buona notizia: sir Tim Berners-Lee ha convinto il governo britannico a mettere i propri dati a disposizione del pubblico (fonte: BBC). E’ online un sito che si chiama data.gov.uk (riferimento ovvio al famoso sito di Obama). Mentre scrivo sono online 2.879 basi dati, ma altri verranno (in effetti, come tutti i governi, anche quello di Sua Maestà sta seduto su una tale massa di dati che neppure i suoi dirigenti sanno esattamente cosa hanno per le mani). Gli sviluppatori sembrano interessati: il sito riporta già 29 applicazioni create a partire da quei dati, inclusa la straordinaria Cyclestreets per chi si sposta in bicicletta. Il sindaco di Londra, Boris Johnson, si accoda. Ha annunciato l’apertura di un “magazzino digitale” che conterrà inizialmente 200 basi dati centrate sulla capitale.

L’impatto di questa mossa è difficile da sopravvalutare. Non solo per la miriade di servizi che diventano possibili, ma anche perché costruisce un luogo dove hackers e funzionari pubblici possono – devono – interagire; e così facendo favorisce il “coming together” di due culture la cui alleanza può essere davvero un potente fattore di modernizzazione e civiltà, come dicevo dopo Wikicrats.

E noi? Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Tito, ministeriale digitale e – da qualche tempo – anche blogger…

(Hat tip: Alberto D’Ottavi)

Data to the people: the British government releases its datasets

Good news: sir Tim Berners-Lee convinced the British Gov to release its data for the public to use (thus spake BBC). data.gov.uklaunched in September; as I write it sports 2,879 datasets, and counting (in fact no one knows exactly how big is the mountain of data the British government – and all governments really – is sitting on). Developers seem interested: there’s already 29 apps running in those data, including the pretty spectacular Cyclestreets. The Mayor of London Boris Johnson wants to play too: he’s announced the opening of a digital warehouse with an initial 200 datasets relevant for the capital.

I find it hard to overestimate the impact of this move. Not only for the myriad of services that become possible, but also because it builds a place where hackers and civil servants are allowed – and indeed must – interact. In so doing, it facilitates the “coming together” of two cultures, the administration and the internet culture, whose alliance can really be a powerful force for modernity and civilization building, like I wrote after Wikicrats.

What about us Italians? It would be interesting to hear the opinion of some of those digital civil servants out there…

(Hat tip: Alberto D’Ottavi)

Internazionale: la conversazione globale delle amministrazioni 2.0

Kublai, il primo (o uno dei primi) progetto di governo 2.0 dell’amministrazione centrale italiana, si è conquistato velocemente una piccola visibilità internazionale. Dopo i due showcase con la Commissione Europea (EUPS20 e Wikicrats) e lo scambio francese, la settimana scorsa è stata la volta della Banca Mondiale, che riprende un’intervista che avevo rilasciato al blog americano Betterverse.

Man mano che si capisce che internet funziona bene per produrre beni pubblici, la conversazione sull’e-government 2.0 si globalizza. Le idee circolano rapidamente tra noi europei (il gruppo di EUPS20, o Headshift – peraltro recentemente acquisita da una società americana), americani (Sunlight Foundation) e asiatici (Futuregov), e mi sembra che ci sia un buon livello di fiducia reciproca. Forse c’è speranza.