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OpenPompei: open data and the hacker economy vs. the mob

Veduta di Pompei
I’ve got a new task. I will run a new project called OpenPompei. It is part of the government’s new strategy in the Naples area, and in particular Pompeii.

Here’s the background: by the end of 2011 the government was convinced that the battle for the rule of law and a decent life for all in Italy’s Mezzogiorno would be won or lost in Pompeii, a symbol of the battle itself. In a very short time, three ministers – culture, interior and regional cohesion) set up a hundred-million euro project to restore the insulae damaged by the rain (a scourge of all open-air archaeological sites); got the European Commission’s seal of approval; wrapped it into an advanced security model that should keep mob-polluted companies to win any tenders. Thus was born the Great Pompeii Project.

As a very minor integration of this massive project, the government decided in 2012 to launch a small initiative for transparency, inquiry and mobilization. Spending on culture is great; protecting that spending against criminal infiltration is even better; but neither is enough. Public spending must be not just legitimate, but effective and efficient. It was decided that releasing the spending data from the Great Pompeii project must be a step in the right direction. Access to data and data-powered public debate can help to discover errors suggest improvements, drive administrations to perform better.

On this intuition, OpenPompei was born. Its remit has been kept broad on purpose, and includes:

  • promoting a culture of transparency and open data of a large area, of which Pompeii is the symbolic center. The idea is to have a small team ready to help southern administrations that wish to try their hand at open data policies. We shall start, obviously, from the data of the Great Pompeii Project.
  • reconnoitering and investigating the area’s hacker economy. As all densely populated places, the Naples area is full of co-working spaces, new digital companies, social enterprises, social innovators, sharing economy types. As everywhere, these initiatives are often fragile and isolated, but embody an idea of the future. Our ambition is to get to meet them, find out more about their goals, struggles and successes, and – if possibile – get their voice into the public policy debate, with no ambition to solve every problem.

The dream behind OpenPompei is to help build an alliance of civic hackers, non-compromised enterprises and State to maintain a high level of attention on public spending, so as to fight corruption and increase efficiency. It is unlikely for a small, peripheral project to achieve such a lofty goal, but we hope to give a contribution – at least one of knowledge.

To guarantee its independence, OpenPompai was set up as a European-funded project. Studiare Sviluppo, a in-house company of the ministry of the economy, was tasked with delivering. I worked with them before on Visioni Urbane e di Kublai. Wish me well, and be there for me when the going gets rough, ok?

Wikicrazia on sale on Facebook: true stories from the rewired economy

Sorry, this post is in Italian only. As usual, clicking on the “Translate” link above will give you access to an automated translation. Executive summary: my book Wikicrazia is finished, and I am on the road to present it. While the book makes it through the dead tree distribution pipeline, I have learnt that my publisher is selling it on Facebook: the funny thing is that you give him your address and he sends you the book, trusting you to pay later. He is right too: he in seeing zero delinquency rate. Web 2.0 acts as a catalyzer on reputation effects, and erodes the anonimity of transactions at the basis of partial equilibrium theory in textbook economics. Are all our models wrong? Will we be able to reform them or drop them or are we too invested in them?

L’avventura di Wikicrazia continua: siamo entrati nella fase in cui me ne vado in giro per il mondo a raccontare il libro. Ho tenuto la prima presentazione alla Social Media Week Milano (un estratto è nel video qui sopra, con tanto di colonna sonora dei Modena City Ramblers; c’è anche un resoconto su Wired), e la seconda al Personal Democracy Forum Europe a Barcellona. Saremo a Bologna il 27 ottobre (info), a Senigallia il 20 novembre e abbiamo già ricevuto parecchie altre richieste, che man mano andremo confermando. Non mi aspettavo tanto calore da parte di wikicratici e semplici lettori! Grazie davvero a tutti quelli che ci stanno sostenendo e aiutando in questo percorso.

Nel frattempo ho scoperto una cosa divertente. Il mio editore, Ottavio Navarra, è un utente forte di Facebook (ha oltre quattromila amici, e ha dovuto creare una pagina personale per evitare che Zuckerberg gli cancellasse l’account). Nelle settimane che il libro ci metterà a percorrere il circuito distributivo e arrivare alle librerie, Ottavio ha messo in vendita il libro sia dal sito che su Facebook. La vendita su Facebook funziona così: si manda un messaggio a Ottavio da qui, dicendo che si vuole il libro e indicando un indirizzo. La casa editrice spedisce il libro (accollandosi anche le spese di spedizione) insieme a un bollettino di conto corrente postale o per un bonifico, prima di ricevere il pagamento. E come fa a garantirsi che la gente non si tenga il libro e non paghi? Semplice: non si garantisce. Si fida. Ottavio non è preoccupato “Sono quasi tutti miei amici su Facebook” mi ha detto. E infatti pagano tutti. Un lettore ci ha addirittura scritto che “Il regalo più bello in quel pacco era la fiducia”.

Traduco nel linguaggio degli economisti: le transazioni di mercato non sono più anonime. Facebook e gli altri social network rendono molto più semplici e veloci gli effetti reputazione; commettere una scorrettezza naturalmente è ancora possibile, ma il colpevole perderà istantaneamente di credibilità. Dovrà ricostruire una nuova identità digitale con un altro nome, e questo non è nè semplice nè veloce: per i 15 euro del libro non ne vale la pena.

L’economia sta cambiando molto più in fretta di quanto noi economisti riusciamo a cambiare il nostro modo di pensare. E non va bene per niente, perché rischiamo di fare più male che bene consigliando ricette pensate per sistemi economici del tutto diversi. Bisognerà pensarci.

Wikicrazia in vendita su Facebook: storie dall’economia ricablata

L’avventura di Wikicrazia continua: siamo entrati nella fase in cui me ne vado in giro per il mondo a raccontare il libro. Ho tenuto la prima presentazione alla Social Media Week Milano (un estratto è nel video qui sopra, con tanto di colonna sonora dei Modena City Ramblers; c’è anche un resoconto su Wired), e la seconda al Personal Democracy Forum Europe a Barcellona. Saremo a Bologna il 27 ottobre (info), a Senigallia il 20 novembre e abbiamo già ricevuto parecchie altre richieste, che man mano andremo confermando. Non mi aspettavo tanto calore da parte di wikicratici e semplici lettori! Grazie davvero a tutti quelli che ci stanno sostenendo e aiutando in questo percorso.

Nel frattempo ho scoperto una cosa divertente. Il mio editore, Ottavio Navarra, è un utente forte di Facebook (ha oltre quattromila amici, e ha dovuto creare una pagina personale per evitare che Zuckerberg gli cancellasse l’account). Nelle settimane che il libro ci metterà a percorrere il circuito distributivo e arrivare alle librerie, Ottavio ha messo in vendita il libro sia dal sito che su Facebook. La vendita su Facebook funziona così: si manda un messaggio a Ottavio da qui, dicendo che si vuole il libro e indicando un indirizzo. La casa editrice spedisce il libro (accollandosi anche le spese di spedizione) insieme a un bollettino di conto corrente postale o per un bonifico, prima di ricevere il pagamento. E come fa a garantirsi che la gente non si tenga il libro e non paghi? Semplice: non si garantisce. Si fida. Ottavio non è preoccupato “Sono quasi tutti miei amici su Facebook” mi ha detto. E infatti pagano tutti. Un lettore ci ha addirittura scritto che “Il regalo più bello in quel pacco era la fiducia”.

Traduco nel linguaggio degli economisti: le transazioni di mercato non sono più anonime. Facebook e gli altri social network rendono molto più semplici e veloci gli effetti reputazione; commettere una scorrettezza naturalmente è ancora possibile, ma il colpevole perderà istantaneamente di credibilità. Dovrà ricostruire una nuova identità digitale con un altro nome, e questo non è nè semplice nè veloce: per i 15 euro del libro non ne vale la pena.

L’economia sta cambiando molto più in fretta di quanto noi economisti riusciamo a cambiare il nostro modo di pensare. E non va bene per niente, perché rischiamo di fare più male che bene consigliando ricette pensate per sistemi economici del tutto diversi. Bisognerà pensarci.