Piano del libro

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Parte prima: le politiche pubbliche in crisi di attenzione

1. Perché le politiche pubbliche non funzionano? – Le pubbliche amministrazioni fanno errori che a prima vista appaiono clamorosi, imperdonabili. Com’è possibile, mi chiedo, commettere sbagli così evidenti? Provo a cercare una risposta nel ricostruire il lavoro dei decisori pubblici, cercando di capire le loro priorità e la loro visione del mondo. Mi appoggio anche al dibattito sulla decisione pubblica degli ultimi vent’anni, in particolare alle modalità di inclusione dei cittadini nei processi decisionali.

2. Accedere all’intelligenza collettiva – Riassumo il pensiero sul web 2.0, senza metterci molta originalità e cercando in particolare di essere molto chiaro. Il punto di partenza è la clamorosa differenza di performance tra i fenomeni di autorganizzazione e gli interventi governativi.

Parte seconda: costruire il governo wiki

3. Sei principi per costruire le politiche wikiBreve capitolo che serve solo da snodo per introdurre la parte seconda, che è il vero cuore del libro.

4. Accettare il cambiamento – Molte amministrazioni sono diffidenti nei confronti delle logiche 2.0 perché temono di perdere il controllo di ciò che fanno. Io sostengo che, con una pianificazione intelligente, cedere pezzi di controllo può “sbloccarle” e renderle paradossalmente più potenti, più efficaci nell’agire.

5. Community – Da quando esistono le reti informatiche esistono le communities online: sembra che la community sia lo stato naturale degli esseri umani in rete. Questo è un punto di partenza importante per progettare politiche pubbliche collaborative, perché implica che l’interlocutore delle autorità pubbliche sia una comunità e non una moltitudine di individui isolati. Discuto qui anche la complessa interazione tra tecnologia e interazione sociale.

6. Trasparenza – Su Internet, la disponibilità di dati disaggregati – e quindi disponibili per la riaggregazione – incoraggia cittadini, giornalisti e ONG a rielaborarli per estrarne conoscenza. A volte questa conoscenza consente anche la ricostruzione di un quadro di insieme. Per esempio, Farmsubsidy ha “liberato” i dati sulla politica agricola europea, ricostruendo da un quadro normativo del tutto incomprensibile (27 paesi, ciascuno con regolamenti attuativi diversi e stratificati in un tempo di quasi mezzo secolo) una storia chiara e potente: i soldi vanno a grandi imprese dell’agroindustria e ricchi proprietari. Il problema è che in rete la trasparenza genera richieste di trasparenza sempre maggiore, e molte autorità pubbliche le vivono come eccessive; alcune finiscono per opporvi resistenza. Si discute come favorire una maggiore trasparenza, anche dal punto di vista tecnologico.

7. Rispetto – Le politiche wiki, come ogni produzione collaborativa, presuppongono un profondo rispetto per le persone chiamate a collaborare, in questo caso i cittadini. Nel contesto dell’azione di governo wiki, la parola rispetto significa soprattutto tre cose: fare e mantenere promesse credibili; stabilire e fare rispettare delle regole di interazione; costruire opportunità di agire.

8. Parlare con voce umana – C’è incompatibilità di fondo tra i linguaggi in uso nelle pubbliche amministrazioni (politichese e burocratese) e la collaborazione in Internet. Si può collaborare solo con le persone, e amministrazioni e uffici non sono persone. Nelle esperienze che si trovano in giro, questo problema è stato affrontato in due modi: la creazione di un’interfaccia, dotata di un’identità separata dall’amministrazione madre, e l’abilitazione di persone (in genere funzionari pubblici capaci e illuminati) che facciano da ponte tra questa e i cittadini.

9. Merito – L’uguaglianza è profondamente impressa nel DNA delle pubbliche amministrazioni, a cui piace trattare tutti allo stesso modo. La collaborazione in rete, però, è profondamente meritocratica, e il merito va riconosciuto. Argomento che il principio di equità e la disuguaglianza meritocratica sono compatibili, e racconto come essi sono stati fatti convivere nelle esperienze recenti.

Parte terza: le politiche pubbliche al tempo della rete

10. Il governo remixato – La forma organizzativa prevalente nelle pubbliche amministrazioni è la burocrazia weberiana, che però si presta molto male alle politiche wiki. Prevedo una tendenza verso una riorganizzazione delle politiche pubbliche per obiettivi, communities e interfacce.

11. Le politiche wiki sono antidemocratiche?Obiettivamente, secondo me il rischio c’è. Si chiama digital divide: ce ne sono di diversi tipi, e tutti sbarrano ai cittadini l’accesso alle politiche wiki. Discuto il problema e concludo che esse non sono intrinsecamente antidemocratiche, ma che tendono a diventarlo se  non si investe sull’inclusione digitale.

12. Ricablare l’economia – Internet non trasforma solo le politiche pubbliche, ma tutta l’economia: quindi, mettersi a progettare politiche wiki come se il mondo intorno stesse fermo è un errore. In questo capitolo provo a spingere lo sguardo nel futuro e immaginare un ruolo per lo Stato come cabina di regia di una trasformazione di sistema, in cui – per ora – convivono una modalità di produzione incredibilmente efficiente ma debole nella monetizzazione (la collaborazione di massa coordinata in rete) e una molto meno efficiente, ma efficace nella monetizzazione (la produzione privata coordinata dal mercato).

4 pensieri su “Piano del libro

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  2. rosaria toro

    Piccolo commento alla Parte prima-Capitolo primo: non è un’omissione grave ma direi, se possibile, di sostituire la frase “produttori di mozzarelle di bufala di Benevento” a quella “produttori di mozzarella di bufala della Piana del Sele”….per il resto davvero complimenti!!!!….scritto benissimo e molto leggibile anche da una persona come me che non si occupa di economia…

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  3. Jacopo

    Ho letto con interesse il testo che trovo molto interessante. Dal mio punto di vista mi piacerebbe toccare 2 punti e non appena avrò un attimo proverò a integrarli nella tua struttura:
    1) L’allargamento del consenso: cosa buona coordinarsi nei social network, credo però che il consenso e la politica debba necessariamente fare i conti con meccanismi più tradizionali: i circoli, le associazioni e quelle persone che per età o collocazione geografica subiscono il “digital divide”. Probabilmente questa parte è tutta da inventare ed è più complessa, ma questo consentirebbe al consenso di non rimanere “elitario”.
    2) Reso virtuoso il processo decisionale, deve conseguirne un’azione politica. Le esperienze che racconti tu sono di successo anche da questo punto di vista: non viene creato un consenso che rimane “astratto”, ma ad esso conseguono delle azioni concrete. il rischio è quello di far partecipare alle decisioni e poi generare delusioni per la mancanza di risorse nel perseguire tali decisioni. L’assessore alle politiche giovanili di Sesto mi raccontava l’imbarazzo di dover rispondere a chi, avendo partecipato al consiglio comunale dei ragazzi, chiedeva conto delle cose da fare che aveva individuato chiaramente e che ancora non erano state realizzate in città (incrementare l’illuminazione in un angolo buio, maggiore cura nella pulizia dei sottopassi, etc)…

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  4. Cosimo Avigliano

    Ciao Alberto, leggendo di getto le tue idee ( sono le 5 del mattino e sono di ritorno da lavoro…. ti ho scoperto ascoltando radio 24 che ti ha dedicato un piccolo servizio), mi è tornata in mente una mia idea di qualche mese fa, maturata successivamente all’ennesima delusione impartitami dalla politica, ma preferirei lasciare le giuste colpe al sistema attuale dei partiti!
    Avevo anche chiesto a due miei amici molto più capaci di me in informatica, quali fossero le possibilità di realizzare questa idea; in sostanza si trattava di una piattaforma virtuale che avrebbe dovuto funzionare come strumento di confronto ed organizzazione tra persone interessate a dedicarsi alla politica, ma che non accettavano o non avevano la possibilità, per svariati motivi, di partecipare alle attività di un partito!
    La forma assomigliava molto a questo tuo progetto, insomma, per come intendo la politica io, la partecipazione, il coinvolgimento semplice, ma importante dei cittadini alle attività della cosa pubblica, è un fattore non di poco conto! L’idea era strutturata proprio sulla perdita di quel rapporto diretto che la politica dovrebbe avere con i cittadini… un rapporto che quasi non esiste più a causa di un sistema che ha amplificato gli interessi personali a danno degli interessi collettivi. Avvertii l’esigenza di trovare strade alternative, sopratutto quando mi trovai, spesso e volentieri, fuori dalle discussioni principali all’interno del partito per via degli impegni di lavoro… nonostante l’esigenza di esprimere le mie posizioni, capii che non avevo modo di sentirmi parte attiva di quel gruppo di persone, mi sentivo estromesso, ma la colpa non era certo di qualcuno…semplicemente, mancava la capacità di trovare il modo di coinvolgere me e tanti altri che avevano il mio stesso impedimento nelle attività di partito!| Proposi di lavorare maggiormente in rete, di aprire un canale dove poter confluire le nostre posizioni, ma mi accorsi che queste mie indicazioni si perdevano nel vuoto dell’arretratezza dei miei interlocutori! Insomma, cogliendo al balzo l’opzione annunciata dal servizio in radio, e cioè che il tuo progetto avrà una sua fase anche in politica, ho avuto modo di capire che quello che pensavo, tutto sommato, può essere possibile! Bisognerebbe solo trovare la formula giusta….

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