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Spazi per la creatività

Ieri mi ha telefonato Carlotta Mismetti Capua, giornalista dell’Espresso. Sta preparando un articolo sugli spazi creativi e ha sentito parlare del nostro lavoro. Buon segno?

Digerito l’incontro del 17 ottobre, il progetto Visioni Urbane è pronto a muovere un altro passo. Stiamo lavorando a quattro giornate di approfondimento tra i creativi lucani e quattro esperti di prestigio assoluto (il primo nome che circola è quello di Bruce Sterling) su quattro temi che attraversano la gestione di spazi per la cultura creatività, e cioè
– modelli di gestione di spazi per la cultura
– tecnologie per la creatività
– comunicare i prodotti culturali
– cultura e territorio
Nel frattempo abbiamo commissionato a Filippo Tantillo il video qui sotto, che dà l’idea della scena con cui stiamo lavorando.

Non c’è dubbio: il blog funziona

Ieri l’altro abbiamo tenuto a Potenza l’incontro dei creativi lucani per il progetto Visioni Urbane. Il progetto sta andando bene, mi pare, e ne parlerò ancora molto sia qui che altrove. Quello che mi interessa segnalare qui è che il blog come strumento per gestire progetti di sviluppo locale ha decisamente “sfondato” nel caso di VU.

1. Il blog è un diario del progetto aggiornato in tempo reale. Questo è molto utile al gruppo che lavora a VU, e che comprende una quindicina di persone sparse tra Potenza, Matera, Roma, Milano e Modena. Le riunioni del gruppo sono rade e costose, sia in termini di tempo che in termini di costi, ma tutti leggono il blog tutti i giorni. Questo fa circolare le informazioni più rapidamente e agevola la costruzione di un sentire comune.

2.
Il nostro lavoro quotidiano fa audience per i creativi della Basilicata, che evidentemente si interessano di chi si interessa di loro. Il blog è andato online a metà settembre, senza che noi facessimo nessuna comunicazione a nessuno, e già faceva 300 visitatori e 600-1000 page views alla settimana. Lunedì 12 abbiamo mandato 50 mail ad altrettante associazioni culturali della Basilicata: con quella mail lanciavamo un incontro Ministero-Regione-scena creativa lucana (quello del 17 appunto) e aggiungevamo che avevamo messo in piedi un blog anche per comunicare con loro. I visitatori sono immediatamente raddoppiati, le page views triplicate.

La settimana 42 è ancora in corso, mi sembra prevedibile un altro record. 🙂

3. Il blog permette la partecipazione in modo più continuo che non il vecchio sistema dell’organizzazione di incontri pubblici. Si legge, si clicca su “aggiungi un commento” e si dice la propria, in qualunque momento. L’incontro fisico è stato molto partecipato (oltre 60 iscritti, sala piena, forte partecipazione anche dei dirigenti regionali); ma il blog ha tirato su già 149 commenti. Solo ai post di e su ieri l’altro ne sono arrivati 36; inoltre altri cinque bloggers lucani presenti all’iniziativa hanno postato su di essa (e questo è il sesto post!)

4. Gli italiani (o almeno quelli che hanno a che fare con la creatività) sono tecnologicamente più raffinati di quanto si pensi. Nonostante avessimo specificato che qualunque metodo, dal piccione viaggiatore in su, fosse buono per iscriversi al nostro incontro, quasi tutti hanno scelto una strada quasi da Barcamp: lasciare un commento a un post intitolato “chi viene”.

5. Il blog permette anche una partecipazione più “raffinata” aprendo di fatto agli utenti anche il dibattito metodologico. Giancarlo, dopo avermi chiesto di rendere disponibili le slides del mio intervento, fa una proposta per condurre la discussione:

Il mio consiglio è di studiare una soluzione che consenta di inserire vari ticket (esempio: criteri di partecipazione ai gruppi, modalità di costituzione degli stessi, proposte per i contenuti, idee per i contenuti, critiche sulla modalità, etc.) dove si discuta in maniera mirata di ciascun aspetto, in modo da non disperdersi ed arrivare già pronti al prossimo appuntamento. Quello che sta succedendo qui con le sensazioni sull’ “incontro di ottobre”, insomma, ma che si allarghi ad altri punti di interesse.

6. Il blog “apre” il processo di VU. Ci trovi le idee e le decisioni prese, ma anche i dubbi e le contraddizioni. Se nella comunicazione attraverso i mass media tu che comunichi sei il più figo e hai tutte le risposte, nella comunicazione in internet le debolezze vengono condivise e affrontate insieme dalla community. Questo finisce per avere l’effetto positivo che il consumatore (o l’utente della policy) vede ridotto il suo svantaggio informativo, e capisce che tu non stai tentando di fregarlo. Finisce per percepirti non come l’onnipotente Ministero dello Sviluppo, ma come un attore tra tanti, che può portare un po’ di razionalità ma non lo scarica dalla responsabilità di affrontare i problemi. E questa è una percezione corretta. Scrive SirDrake:

Anche la scelta di raccontare tutto in tempo reale sul blog, sarà garanzia di trasparenza. Il percorso sarà tracciato, passo dopo passo, da tutti i partecipanti e nessuno alla fine potrà decidere qualcosa di diverso.

7. Infine, il blog facilita l’interazione peer-to-peer tra i destinatari della policy e non solo tra di essi e il policy maker, in questo caso il progetto Visioni Urbane. Commentando l’incontro Antonello scrive:

Lancio subito un’idea.
Vorrei girare un documentario con i mezzi della Noeltan Film e il Potenza Film Festival su quanto stiamo mettendo in piedi. Qualcuno è disposto a darmi una mano sia creativa che di piattaforma? Noi abbiamo uno spazio da tempo su youtube (date un’occhiata a http://www.youtube.com/noeltanfilm), che potrebbe essere una delle piattaforme, ma lancio un appello a tutti i bloggers frank scaringi, lucaniasocial e quanti possano partecipare a costruire un “documento” importante: giancarlino riviezzi e la sua mitica crew di informatici, alberto, filippo (il ragazzo che ci ha intervistati tutti),vito epifania e tutti quelli che ancora non conosco.

Insomma, il battesimo del fuoco del blog come strumento dei progetti di sviluppo locale mi sembra andato molto bene. User generated policy? Vedremo…

Giuseppe Granieri e io

Insomma, quando si sta in tour si passano molte ore in furgone, ed è andata a finire che ne ho usate un po’ per leggere alcune cose che mi stavano a cuore da un po’ di tempo. Di The Long Tail ho riferito in un post precedente; gli altri libri che ho letto sono stati Wikinomics di Don Tapscott e Anthony Williams e La società digitale di Giuseppe Granieri. In estrema sintesi:

  • Wikinomics propone la tesi secondo cui la collaborazione di massa conferisce alle imprese che la sanno usare un vantaggio competitivo molto forte. La selezione naturale dei mercati farà sì che molta pressione competitiva si scaricherà nei prossimi anni su quelle imprese che rimangono arroccate nei confini aziendali. Il libro è ben documentato e ricco di esempi, ma non molto profondo: chi pratica un po’ il web sociale non ci troverà novità sconvolgenti. Il libro è pensato per evangelizzare i managers ultracinquantenni USA, a cui consiglia di aprire una pagina su Myspace. Vabbè. Dal prodotto di una serie di ricerche costate complessivamente 9 milioni di dollari ci si poteva aspettare qualcosa di più.
  • Tutt’altro discorso va fatto per La società digitale. Qui non c’è l’irritante tendenza alla semplificazione di tanta letteratura business americana (Wikinomics inclusa, a mio parere): Giuseppe conosce bene la teoria e in più scrive benissimo (sono diventato un lettore abituale del suo blog). Ma se dovessi riassumere in dieci parole la tesi del suo libro non ne sarei capace. Sembra più un post glorificato che un contributo teorico (come invece è The Long Tail). Il succo del discorso è che internet è tata progettata in modo da avere una struttura aperta e acentrica; che questo permette di aggiungerci roba; che molta della roba che è stata aggiunta ha il senso di valorizzare la conoscenza organizzata e raccolta da singoli utenti e metterla a disposizione di tutti; che questo porta sempre di più verso applicazioni “sociali”; che queste hanno un profondo impatto sociale; che molte cose vanno ripensate; che lo scetticismo di fronte a questi cambiamenti non li può fermare; e che non bisogna pensare comunque che la digitalizzazione della società sia una panacea per il mondo, è semplicemente una cosa che c’è e che va affrontata. Tutte cose giuste, improntate al buonsenso, e solidamente argomentate, ma abbastanza note.

Risultato netto: ho chiuso Wikinomics senza rimpianti, sapendo che ne tratterrò essenzialmente gli esempi (geniale la roba su Geek Squad). Appena finito La società digitale, invece… ho iniziato a rileggerlo, per capire se c’è qualche messaggio tra le righe che non ho colto.
Il fatto è che ho incontrato Giuseppe un paio di volte, in relazione al progetto Visioni urbane a cui sto lavorando, e lui mi ha fatto una grande impressione attaccando frontalmente l’impostazione che ho dato al progetto. In sostanza, io mi sono mosso con un profilo molto basso, cercando di accreditare il progetto come un’interfaccia credibile tra istituzioni e mondo creativo lucano e aprendo una discussione di cui, onestamente, non sono in grado di garantire le conclusioni. Quindi io dico: ci impegneremo al massimo per una nuova politica della creatività in Basilicata, se avete tempo e voglia lavorateci con noi, ma sappiate che non siamo in grado di fare promesse. Giuseppe dice che il progetto è debole, che non governo la complessità, che ci sono troppe variabili che non controllo. Il che è vero, ma a me sembra veramente il meglio che si possa fare senza conoscere davvero il territorio e dovendo fare i conti con un livello politico molto autonomo; per cui non ci capiamo. Di fatto mi sono messo a leggere La società digitale nel tentativo di capire meglio il quadro teorico di Giuseppe. Ma nulla, di quello che ne ho capito, mi sembra supportare un approccio così ingegneristico all’eliminazione della complessità come operazione di progettazione! La ricerca continua.