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alla “scuoletta” estiva di sviluppo locale in Calabria

Dopo la presentazione al DPS di Alberto, siamo stati chiamati a presentare il documento “Voi siete qui – una storia di storie del progetto Booster a Pescara” anche alla piccola scuola estiva delle fate coordinata da Mimmo Cersosimo (o “scuoletta”, come preferisce chiamarla lui, perchè così lontana dalla pomposità vuota delle mille Summer School della penisola).

Tre giorni di sviluppo locale, mezzo quadernone fitto di appunti, ospiti da diversi ambiti (dirigenti regionali, di agenzie di sviluppo, di associazioni, di imprese, docenti universitari, etc.) e da tutta Italia (da DPS, Formez, GAL di Venezia, Università di Milano-Bicocca, Parma, etc.) che discutono di sviluppo con un approccio multidisciplinare (economisti, sociologi, filosofi, giuristi, antropologi, etc.), l’esperienza di una scuola dove la partecipazione dei ragazzi viene vista come fondamentale, dove la discussione prosegue anche a cena, fino alle canzoni chitarra e voce cantate dai ragazzi a fine serata… non credevo ne esistessero (più) di scuole così. Vorrei partecipare ogni anno a una scuola così… allora bisogna proprio che ci “inventiamo” qualche altro progetto per il prossimo anno per avere altre cose interessanti da dire, altrimenti non ci chiameranno alla scuoletta! 😉

Fra gli interventi vorrei segnalare in particolare quello di Gilberto Seravalli, magnifico discussant di tutti gli interventi nonchè amico e collega di Sebastiano Brusco, del quale ci ha regalato diversi ricordi personali. Nel suo intervento intitolato “Sviluppo locale: nè facile nè impossibile” (come il titolo del suo ultimo libro) ha spiegato come ragionare di sviluppo locale significhi ragionare sul tempo e sul cambiamento (condizione necessaria per parlare di sviluppo): quando il cambiamento non c’è contano le risorse (il tempo è come se non ci fosse), quando il cambiamento c’è contano (soprattutto) le storie, i racconti (su come va “il mondo”, su chi sono i personaggi principali…). Per questo è importante avere persone che ci raccontino nuove storie (non balle o mistificazioni, ma nuove visioni sulle possibilità del mondo), che vedano le cose da un’altra prospettiva, che riescano a dare un nuovo senso collettivo, perchè l’innovazione e lo sviluppo altro non sono che l’espressione di una massa di forze/persone che condividono lo stesso discorso sul cambiamento.

L’intreccio di queste idee con il racconto di Booster è venuto naturale, si è persino sentito il bisogno di giustificarsi dicendo che il collegamento non era stato premeditato. Il racconto di Booster però, come tutti i racconti, si modifica nel tempo in base ai nuovi accadimenti, per questo è importante non perdere la memoria del racconto e dei passi fatti finora, per ricordarsi sempre il punto dal quale siamo partiti, e non tornare indietro.



Da sinistra: Alberto, Anna Natali di Studiare Sviluppo, Paola Casavola del DPS, Mimmo Cersosimo di UniCal

Local Development Awards (e il progetto Booster al Ministero dello Sviluppo Economico)

Lungo workshop oggi a Roma, presso l’Unità di valutazione del Dipartimento politiche per lo sviluppo del Ministero dello sviluppo economico. Su iniziativa di Tito Bianchi, Mario Caputo, Alfredo Scalzo, Paola Casavola, Luca Murrau, lo stesso Tito e io abbiamo parlato di Booster: il DPS percepisce questo progetto e il suo approccio (con il ruolo centrale dato alla comunicazione) come molto innovativo, e si chiedono se e come sia in qualche modo replicabile. Come si possono intercettare soggetti interessanti e innovativi e farli crescere?

Abbiamo discusso per quasi tre ore, e – come era prevedibile – sono stati gli aspetti cognitivi a occupare il centro della discussione. Alla fine ho lanciato un’idea che sembra avere stimolato molto Tito: facciamo gli Awards dello sviluppo locale, in cui non si vincono soldi ma attenzione: arriva gente come Anna Natali e Tito, magari un sottosegretario sensibile, e spiegano alla gente del posto che il tal progetto è formidabile, bravi ragazzi, avanti così, poi si fa una festa in modo da dare ruolo, gratificazione e visibilità a chi ha fatto il progetto premiato. Mi sembra importante che questa cosa avvenga sul territorio e non a Roma, perché massimizza l’impatto di rinforzo sulla reputazione locale, e quindi rilancia il ruolo dei premiati sui progetti futuri.

L’altro pezzo del premio consisterebbe nel comunicare il progetto su una scena nazionale e magari anche europea, magari con formati accattivati tipo Design Squad. Mooolto carino…