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Il Ministero dello sviluppo in Creative Commons

Negli ultimi anni mi sono spesso ritrovato a usare la conoscenza accumulata lavorando a un progetto per coinvolgere altri nella discussione su quel progetto e quindi, in definitiva, il mio lavoro di consulente. Quasi sempre questo ha comportato la diffusione sul web di dati e fatti. In realtà è per questo che è nato questo blog! La cosa sembra funzionare: si vede molto bene nel blog del progetto Visioni Urbane in Basilicata: in cinque mesi abbiamo raccolto oltre 500 commenti da parte di esponenti della scena creativa locale, che ci danno il polso di ciò che accade. Senza questo strumento non sarei riuscito a decodificare la situazione. I miei committenti mi hanno sempre più o meno lasciato fare, con più o meno entusiasmo.

Ma c’è un problema, che è quello del diritto d’autore. Quando firmi un contratto in genere c’è scritto qualcosa come “I materiali prodotti nel corso del progetto sono di proprietà di Studiare Sviluppo, che si riserva tutti i diritti” eccetera eccetera. Naturalmente questa dicitura è una specie di fossile giuridico, i committenti non hanno intenzione di pubblicare best sellers con il mio rapporto di ricerca o di vendere a Hollwood i diritti per la realizzazione di un film (chi farebbe la mia parte? Dustin Hoffman? Joe Pesci? Ci vuole uno basso…). Nessuno obietta a che tu vada a un convegno a raccontare cosa fa. Qualche problema può però nascere se il progetto ha problemi (può succedere, eccome) e tu li dichiari onestamente. Questo può toccare varie sensibilità. Questo post, per esempio, mi è costato una diffida da parte di uno dei miei partners nel progetto Booster (per la cronaca: SMILE Abruzzo, l’ente di formazione professionale della CGIL).

[…] vi chiedo di formalizzare all’interno [sic] del verbale della riunione odierna […] la “diffida” a tutti i partners ad effettuare attività di mainstreaming/diffusion/comunicazione a chiunque indirizzati [sic] che non siano stati preventivamente e collegialmente autorizzati dalla Partnership di Sviluppo [cioè da loro].

Traduzione: non posso scrivere sul mio blog che il progetto va male. A parte che vietarmelo mi pare illegale, mi sarebbe sembrato più costruttivo intervenire nel dibattito e spiegare perché, secondo loro, mi sbaglio. Comunque. Potete trovare qui una scansione integrale della lettera.

Conclusione: sto partendo con un nuovo progetto, ve ne parlerò presto. Il mio committente è il Ministero dello sviluppo economico, e più precisamente l’Unità di valutazione degli investimenti pubblici del Dipartimento politiche per lo sviluppo. Sul contratto ho fatto inserire questo articolo:

Tutti i materiali prodotti nel corso del progetto sono di proprietà di Studiare Sviluppo. Essi verranno rilasciati sotto licenza Creative Commons Attribuzione – Non Commerciale 2.5 (http://creativecommons.org/licenses/by-nd/2.5/deed.it).

Traduzione. Quindi io o voi, o chiunque, possiamo postare, riprodurre, diffondere o citare quella roba, purché ne indichiamo la fonte e non vendiamo le riproduzioni. Credo sia la prima volta che un progetto del Ministero usa questo tipo di licenza. Grazie a Mirko Ceci, Simona Pastorelli, Francesco D’Amato e Elvira Berlingieri aka Night Thursday per la consulenza.

Correggio-Pescara. Un racconto sullo sviluppo e i suoi fallimenti (guest post)

di Marco Colarossi 

CORREGGIO. INTERNO NOTTE

…cominciamo allora a raccontare la storia di un uomo, di un filosofo, o meglio di uno di quei giganti di cui parlava Guglielmo da Baskerville, il frate francescano protagonista del testo di Umberto Eco ‘Il nome della rosa’. Egli disse (citando Bernardo di Chartres) al suo allievo Adso: ‘Siamo nani, ma nani che stanno sulle spalle dei giganti, e nella nostra pochezza riusciamo talora a vedere più lontano di loro sull’orizzonte.’
La storia di un uomo. ‘Nessuna analisi, per quanto profonda, può avere intensità e pienezza di senso paragonabili a quella di una storia ben raccontata’, diceva Hannah Arendt.”

E’ questo l’inizio scelto da Simona per il suo primo incontro serale intitolato “Socrate e il mestiere di vivere.” Vuole provare a portare per una volta la filosofia fuori dalle aule scolastiche, e accetta la sfida di farlo nel suo piccolo paese: è il posto nel quale ha deciso di vivere, con la sua famiglia, i suoi amici, la sua gente… non potrebbe vivere da nessun’altra parte, eppure sta male nel vedere come spesso vanno le cose, anche in questa parte di mondo. Sente la responsabilità di dover provare a dare il suo piccolo contributo per un cambiamento. Questo non può essere il migliore dei mondi possibili.

“Socrate risponde che chi sa cosa deve fare, lo farà immancabilmente; se non lo fa, è perché non lo sapeva veramente… Fermati e pensa…”

Ha ripetuto la lezione molte volte, ma parlare davanti a gente adulta e conosciuta non è per niente facile. Per fortuna in prima fila ci sono i suoi ex allievi del liceo, ancora legati a lei e venuti nonostante le probabili interrogazioni del giorno seguente.

“Ecco il primo momento di contatto tra pensiero e coerenza di vita nell’intera filosofia occidentale.”

Applausi. Lei ringrazia, spiega il filo conduttore che aveva pensato per questa e le prossime due serate, poi però vede che la gente è ancora attenta, nessuno si alza, e allora continua, e prende a ripetere i concetti principali e a sottolineare l’attualità del pensiero di Socrate, per 2, 3, 4 minuti … “questa non la ferma più nessuno!” penso sorridendo fra me e me… ma sù, non si accorge che è il momento di chiudere, son già le 10 e 40 … lei invece continua, è un fiume in piena, quand’ecco che accade ciò che non mi sarei mai aspettato: una signora interviene, parla di sé e fa una domanda, poi ne subentra un altro, e altri ancora, ognuno con esempi e pensieri personali, ognuno con un proprio linguaggio, tutti visibilmente scossi dall’energia emanata da questa piccola filosofa che non la smette più di parlare, perché tiene troppo alle cose che dice, e le dice così, senza nessun tipo di barriera difensiva, in modo assolutamente emotivo.

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PESCARA. ESTERNO GIORNO

“Secondo me, Marco, i progetti sono tutti chiacchiere, tutti. In dieci anni l’unico risultato che abbiamo ottenuto è stata la sensibilizzazione del territorio rispetto a questi temi, la sensibilizzazione. Guarda anche il nostro progetto, che risultati ha ottenuto?”
“Beh, dopo la nascita di Pescaraduepuntozero c’erano grandi aspettative, se si fosse riusciti a dare all’associazione visibilità attraverso il festival avrebbero potuto proporsi per organizzare altre cose…”
“Sì, è vero, se si fosse fatto… ma poi dove sono andate a finire le istituzioni? E il Comitato dei Giochi del Mediterraneo? Di quello nessuno sa ancora nulla…”

E’ una giornata di sole gelido, nel febbraio pescarese. E’ passato un anno e mezzo dall’inizio delle attività di progetto; sembra una vita.

“…e poi basta progetti sugli immigrati, sui carcerati, sugli svantaggiati… non ce l’ho con loro, per carità, ma abbiamo messo in questi progetti montagne di soldi e non abbiamo prodotto nessun tipo di sviluppo territoriale. Servono progetti realmente innovativi… e soldi non dati a questi enti intermedi che ne tengono la maggior parte per loro e solo per produrre carta…”

Il tono della conversazione prosegue in un’altalena quasi schizofrenica in modo prima finto-dadocumentiufficiali, poi confidenziale-dasfogopersonale, poi ancora il primo…

“Il partner X onorerà gli impegni presi per il project work realizzando l’attività Y (((ma non tutte le altre)))… Noi abbiamo chiuso con il concerto del primo gennaio, nel quale i ragazzi hanno suonato su un palco enorme in una delle piazze principali di Pescara (((vuota))) … Prima dell’inizio del concerto, nel momento dei ringraziamenti di rito all’amministrazione per lo spazio concesso, mi sono sentito battere la spalla… mi sono girato… era l’assessore! Salito sul palco a sorpresa! …”
“Non ci posso credere, quello che era venuto subito in conferenza stampa promettendo il contributo dell’amministrazione per il festival, per poi non farsi trovare per mesi?? Bisogna avere davvero una faccia…”

Questa è una roba da commedia tragicomica all’italiana, penso fra me e me, ci si potrebbe trarre un libro o un film, o ancor meglio uno spettacolo teatrale…

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PESCARA-CORREGGIO. INTERNO GIORNO

“Ciao! Sono a Pescara, se ti va ci possiamo vedere per fare due chiacchiere…”
“Oh, ciao. Sì, devo portare mia madre in un posto poi passo e ci andiamo a prendere un caffè, ok?”

I due amici entrano nel bar, ordinano da bere e si siedono al tavolino vicino all’entrata.

“Che mi dicevi della situazione del progetto?”
“Brutto argomento, era meglio continuare a parlare di Correggio Mon Amour… La situazione è a dir poco un disastro: A è fallito e son tutti irreperibili, B è sotto indagini della procura, C ha sbagliato ancora a compilare i documenti per il rimborso, e la Regione non si capisce…”

Arriva il barista e i due si fermano di parlare.

“Ma dimmi un po’, secondo te il progetto è fallito? Perché c’è chi dice che non è così… io però penso di sì, ed ho investito in questa cosa molto tempo e la mia faccia, e io vivo della mia faccia, della mia reputazione, quindi almeno devo cercare di capire perché non ha funzionato, trarne una lezione, anche negativa, da portare con me.” 

In sottofondo la radio passa “Fango”, il nuovo singolo di Jovanotti…

“Non so, credo tu abbia ragione, probabilmente non avrebbe dovuto illudere tutti che una volta trovata una buona idea e un progetto di festival i soldi sarebbero venuti, perché non si può negare che poi il fatto di non averli trovati e non aver fatto il festival ha determinato delusione e perdita della fiducia, rendendo la situazione peggiore di quella iniziale… però cavolo, i soldi per fare un festival il progetto li aveva, forse non un festival così grande, ma una base si pensava proprio di riuscire a mettercela come progetto!
… e poi non è così facile dire cosa è giusto fare, a Correggio ad esempio è successo il contrario: una volta trovata l’idea sono arrivati anche i soldi, dalla Comunità Europea, dalla Fondazione Manodori…”

Cos’è che fa funzionare un progetto di sviluppo?
Io un’idea ce l’ho: la filosofia.

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Booster: concerto e shutdown…

Con il concerto di ieri di BandaBooster (una band estemporanea composta di allievi del corso e da tre ex Modena City Ramblers oggi avviati ad altre carriere, cioè Cisco, Giovanni Rubbiani e io) finisce, per quanto mi riguarda, il progetto Booster. La serata è andata bene, ma con molte – troppe – assenze significative in teatro da parte degli operatori locali che sei mesi fa erano molto vicini a questo progetto. Anche chi abbiamo coinvolto – a pagamento – per aiutarci a organizzare il workshop non ha messo molto entusiasmo nella cosa: il sottotesto sembrava “OK, lavoro per questi di Booster ma faccio il minimo indispensabile, perché non si meritano niente.” Per me questo è un altro segno che abbiamo perso credibilità e “presa” sul territorio.

Però devo stare attento, perché ho paura di rimanere prigioniero di uno schema narrativo su Booster troppo appoggiato al famoso voltafaccia sul project work (ne ho parlato in molti post di questo blog, a partire da questo): prima andava tutto bene, poi ci siamo rimangiati un impegno preso pubblicamente e ci siamo giocati la credibilità e l’occasione di essere una vera forza di cambiamento a Pescara. Forse non sono obiettivo, e la mia delusione mi impedisce di vedere con chiarezza i segnali positivi. Marco mi sembra più o meno nella stessa situazione.

Per avere uno sguardo fresco su Booster ci siamo rivolti a Filippo Tantillo, economista, ricercatore all’ISFOL e docente all’Accademia dell’immagine dell’Aquila. Filippo ha un progetto interessante di sviluppare un linguaggio per raccontare lo sviluppo con lo strumento del video (l’ho coinvolto anche su Visioni Urbane, il video lo trovate qui); gli ho proposto di realizzare, insieme ai suoi studenti, un video su Booster. Filippo e i suoi ragazzi sono calati su Pescara in forze e hanno cominciato a intervistare la gente, sono molto curioso di capire cosa esce.

Una cosa che Filippo mi ha già anticipata è che gli allievi vivono Booster come una cosa che non è finita. Mancano in effetti le attività di project work gestite dagli altri partners, che però non hanno nessuna esperienza di organizzazione di attività musicali. Spero che abbiano capito che io non ho potere né responsabilità sulle attività non-The Hub.