Sostiene Paul Johnston

Paul Johnston dirige The Connected Republic, l’iniziativa di Cisco sul settore pubblico: abbiamo collaborato alla dichiarazione aperta sui servizi pubblici europei. Qualche giorno fa ci siamo fatti una lunga chiacchierata su Wikicrazia, che lui sta leggendo via Google Translate. Mi ha molto incoraggiato ad andare avanti, ma mi ha anche fatto due osservazioni:

  • in UK non sarebbe mai successo. Nel capitolo 4 racconto Visioni Urbane, e scrivo che il problema è evitare che vengano aperti centri culturali che poi restano vuoti perché è difficile trovare, nei bilanci pubblici, i fondi per coprirne i costi di gestione. Paul trasecola: ma come, ma la gente di lì non si ribella? I giornali non mettono in croce i responsabili di decisioni che sprecano il denaro pubblico? Beh, in realtà mi risulta che anche nel Regno Unito sono stati fatti investimenti importanti in Arts Centers che poi, a lavori finiti, sono risultati non avere un business plan difendibile: un esempio è The Public a West Bromwich, costato 65 milioni di sterline (oltre venti volte Visioni Urbane!) e definito dopo l’inaugurazione debito pubblico o addirittura monumento all’idiozia. Però l’osservazione di Paul solleva un problema: ci sono pezzi di Wikicrazia che hanno senso solo nel contesto italiano?
  • il governo wiki non scala, perché si basa su competenze di costruzione di comunità dal basso e connessione tra mondi diversi che sono rare e quasi invisibili alla ricerca. Secondo Paul, la fondazione di Peer-to-Patent è difficile da immaginare senza Beth Noveck (blogger ed esperta di tecnologia da un lato, insegnante di diritto dei brevetti dall’altro); così quella di Kublai (capitolo 5) senza di me (musicista da un lato, economista dall’altro). Secondo me questo non è vero, se si considera la dimensione tempo: è probabilmente vero che tre anni fa c’era bisogno di uno come me per immaginare Kublai, ma oggi, secondo me, la community ha 150 utenti esperti e animatori di una comunità online. Di questi, una decina sarebbero probabilmente in grado di usare la loro esperienza Kublai per lanciare una loro community (alcuni l’hanno già fatto). Nella mia esperienza i progetti 2.0 producono gente che li sa abitare – e, in prospettiva, generarne altri a partire dall’esperienza fatta. Se il numero di fondatori potenziali si moltiplica per dieci in tre anni (due a partire dal lancio), è un bello scalare. 🙂

4 pensieri su “Sostiene Paul Johnston

  1. Paul Johnston

    Thanks Alberto for this record of our conversation. I am not sure you quite captured what I was trying to say about scaling. As I understand it, you were suggesting that implementation should be done in a community-based way, i.e. instead of traditional formal processes, start by bringing together all the relevant stakeholders and then let the community drive the solution. My worry on scaling was that for every bit of implementation it will be quite a sensitive issue to work out who the relevant stakeholders are and then once you have done this, it will require quite a lot of skilful work to create a sense of community between these people and ensure that they deliver a solution rather than start squabbling amongst themselves 😉 So for a bureaucrat who wants to deliver quickly and likes nothing better than a simple easily repeatable process, this new way of doing things may be a challenge! But you did convince me that trying to do the sort of things you are talking about is definitely the way to go! 🙂

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    1. Alberto Autore articolo

      Thank you Paul, maybe I attributed to you my own doubts 🙂
      Actually in the book I write that it’s more often than not impossible to map out stakeholders. Why? Because of emergent spillover effects in policies: a crisis in waste management in Naples (attributable to policy mistakes that started in the 1980s) backfires on the public image of the whole area: mozzarella producers in other areas of Campania, though unaffected by the waste problems, see their overseas demand slump, because consumers in Norway or the US can’t tell Naples apart from Aversa. Aversa mozzarella producers turn out to be stakeholders in waste management in Naples, but this was impossible to see coming – they themselves would have thought it silly if anyone had tried to get them involved in that decision making process.

      So? So my recipe is let self-selection work. You step out: you declare that you want to address a certain problem; you adopt a community approach, throw the doors wide open and make sure you get an interesting conversation going. People will decide for themselves if they want to be involved or not, if they are stakeholders or not.

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  2. Enrico Alletto

    Mi soffermo in particolare su questa tua ultima affremazione:

    oggi, secondo me, la community ha 150 utenti esperti e animatori di una comunità online. Di questi, una decina sarebbero probabilmente in grado di usare la loro esperienza Kublai per lanciare una loro community (alcuni l’hanno già fatto). Nella mia esperienza i progetti 2.0 producono gente che li sa abitare – e, in prospettiva, generarne altri a partire dall’esperienza fatta. Se il numero di fondatori potenziali si moltiplica per dieci in tre anni (due a partire dal lancio), è un bello scalare.

    Su cui (indovina?) sono daccordo ! 🙂 L’ “esempio” genera interesse e spirito di emulazione.

    Spesso (sempre?) esiste solo una difficolta’ ad immaginare internet come un luogo diverso da e-commerce, facebook ed affini, ma quando lo si vede in azione in un altro modo e si “tocca con mano” che FUNZIONA le cose … non cambiano subito 🙂 ma possono cambiare, si avvia nelle persone un percoso di cambiamento che va continuamente alimentato, ma che esiste e puo’ produrre un cambiamento positivo ! (Troppo ottimista?)

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    1. Alberto Autore articolo

      Enrico, Dio ti benedica per il tuo ottimismo, anche perché è critico e consapevole – nè potrebbe essere diversamente viste le difficoltà incontrate dal tuo progetto. Pensavo proprio a Reti Glocali, Angeli x viaggiatori, Spotus.it etc. quando scrivevo il post.

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