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Il mio primo Kublai Camp [lungo]

Bellissima energia al Kublai Camp di sabato e al seminario di venerdì ad esso collegato (quest’ultimo rivolto essenzialmente alle pubbliche amministrazioni). Sto ancora elaborando i molti stimoli ricevuti: l’unica cosa che ho capito di sicuro è che oggi penso a Kublai in modo molto diverso da nove mesi fa, quando abbiamo avviato l’esperienza. Oggi penso che possa essere visto – e utilizzato – in molti modi:

1. come interfaccia tra i creativi e le politiche di sviluppo.

2. come ambiente di progettazione partecipata (queste due funzionalità sono quelle che avevo previsto originariamente).

3. come strumento di valutazione. Alcuni progetti kublaiani sono più partecipati di altri, attirano più persone, più contributi, più entusiasmo. Anche senza conoscere a fondo i campi specifici di cui si occupano, il solo assistere a queste discussioni comunica l’idea che la community attribuisca a questi progetti un valore superiore alla media. In altre parole, la conversazione su Kublai fa emergere una valutazione distribuita e bottom-up, il cui soggetto è la community.

4. come strumento di apprendimento sui contenuti. Tito Bianchi ha detto una cosa bellissima: “Io, come Stato, non voglio solo valutare, voglio anche imparare”. Kublai permette di accedere alle conversazioni tra addetti ai lavori, informarsi, capire molte cose in relativamente poco tempo. Naturalmente ci sono molti altri gruppi di discussione per le industrie creative, ma Kublai ha il doppio vantaggio dell’orientamento al progetto e del fatto di essere orientata alla condivisione attraverso i saperi: i kublaiani hanno capito il valore di fermarsi a spiegare a chi, anche ignorante dello specifico, chiede con interesse e educazione.

5. come strumento di apprendimento sulle modalità. Si è capito che i creativi (ma forse tutti!) fanno fatica a scrivere in modo sintetico e chiaro; e anche la comunicazione orale in forma breve riesce in genere abbastanza male. Ma la forma breve e chiara, sia scritta che orale, è fondamentale in una community, dove tutti doniamo tempo e il tempo è, di conseguenza, prezioso. Chi cura molto l’esposizione, come CriticalCity (guardatevi il documento) trova alleati più facilmente.

6. come terreno di ricerca sulle politiche dell’innovazione. Insieme all’economista della complessità David Lane e a Ruggero stiamo montando un piccolo progetto per analizzare il social network di Kublai come struttura portante di relazioni generative di innovazione, e ci sembra di vedere potenzialità interessanti. Ve ne parlo più avanti, quando mi sono chiarito le idee.

7. come momento di emersione dei bisogni del territorio, e quindi di discussione sugli obiettivi delle politiche di sviluppo. Progetti come il Caffè Galante o La Scossa vengono portati avanti perché qualcuno sente il bisogno di quelle cose in quei territori, e così facendo sfida i policy makers a confrontarsi sul terreno del “cosa fare”, non solo del “come farlo”.

8. come strumento per discutere del modello di sviluppo stesso. Se guardo i 70 progetti di Kublai con uno sguardo di insieme – garages che diventano gallerie d’arte, angeli che accompagnano sconosciuti in giro per le loro città, quartieri creativi ottenuti regalando case in cambio di talenti, camionette crossmediali che si arrampicano per le vie dei paesini più remoti, film in Second Life etc. etc. – intravedo un’idea di futuro molto diversa da quella che immaginano gli economisti, fatta di un po’ più di PIL, un po’ più di scolarizzazione, un po’ più di banda larga… insomma, quello che c’è già, solo un po’ di più.

9. ma soprattutto, sta succedendo una cosa straordinaria: i kublaiani stanno trasformando Kublai in un luogo dove si collabora non solo sulla scrittura dei progetti ma sul terreno del fare. In questi giorni assisto all’incrociarsi di proposte di collaborazione, richieste e offerte di aiuto, nuove idee. In fondo non è così strano, Kublai è una “community of doers”, come dice Choco; ma fa abbastanza impressione visto da vicino. Sembra – lo diceva Rossella a Roma – che siano stati tolti dei tappi, e che si stia dispiegando una nuova forza che conduce alla colllaborazione. Terrò gli occhi bene aperti per vedere cosa succede.

Tutto pronto per Roma

… o quasi! Sto dando gli ultimi ritocchi alla mia presentazione per il Kublai Camp, che ha superato di slancio i 100 iscritti e i 20 interventi prenotati. Parto già domani, da venerdì mattina sarò impegnato al seminario UVAL su “L’esperimento Kublai – Creatività e sviluppo locale”. Se venite, ci si vede lì 🙂

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Io vado qui

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In questo blog ho parlato varie volte di Kublai. A rischio di autocompiacimento, direi che si può considerare un successo almeno parziale. Non penso tanto ai numeri, ormai rispettabili per un social network dedicato non al cazzeggio ma al duro di lavoro di progettazione di iniziative di sviluppo locale. Penso, invece, al livello obiettivamente alto raggiunto dai documenti di progetto elaborati dai creativi di Kublai (basta leggere il post riepilogativo di Marco); alla crescita evidente della capacità di comunicare in modo convincente la propria idea da parte dei progettisti; allo spessore e alla qualità dell’interazione.

Il Kublai Camp si tiene a Roma il 24 gennaio, e sarà un’occasione per parlare di creatività (a proposito di creatività, Elena ha trasformato Kublai in un verbo, addirittura!) e sviluppo e per onorare tutti i creativi d’Italia (rappresentati dal team che vincerà il Kublai Award). Ma anche per concentrare per la prima volta in uno stesso spazio fisico una bella community che comincia ad emergere intorno a questo tema. Nella migliore tradizione dei barcamp ci sarà anche modo di godersi la compagnia di tanti vecchi e nuovi amici. E siccome gli amici sono una cosa importante una cura particolare è stata posta nell’accoglienza: una location molto bella, alberghi convenzionati (95 euro per la camera doppia, a Roma! io mi sparo il weekend intero), una festa a fine camp. Del resto un social network è un atto d’amore.