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Spaghetti open data: what’s coooking

After a long new year festivity pause, the Spaghetti Open Data is back with a vengeance. These days everyone is playing around with a WordPress plugin coded by Vincenzo Patruno, a developer working for ISTAT, very active among us spaghetti and open data lovers. The plugin is a widget that taps into ISTAT’s data warehouse and returns real-time demographic data on a municipality, province or region of our choosing (installation, supereasy, is explained here).

Seeing this, another mailing list participant, Paolo Mainardi got the idea to do the same thing for Drupal. So he asked Vincenzo for the code, promptly got it, and just a few hours later he released a similar plugin, that taps into the same data, that runs on Drupal (get it here). Kudos to Vincenzo and Paolo: clearly the Italian open data movement has all the technical skills it needs.

Then, of course, we’ll need to build a community of open data re-users, with both the drive and the ability to tell stories grounded in data; stories that we can use to better understand our common life as citizens, from integration policies to the State’s accounting, and redesign them as needed. But that’s a completely different ballgame, and we are not there yet. But we will. A first step in that direction might be an initiative of the city of Torino, which just launched this call for ideas (hat tip: Lorenzo Benussi, on the same mailing list).

Spaghetti open data: ciò che bolle in pentola

Dopo una pausa natalizia piuttosto lunga, la mailing list di Spaghetti Open Data è ripartita alla grande. In questi giorni stanno un po’ tutti giocando con un plugin WordPress scritto da Vincenzo Patruno, informatico in forza all’ISTAT e nolto attivo su SOD. Si tratta di un widget che attinge al data warehouse online di ISTAT e restituisce dati aggiornati in tempo reale sulla popolazione del Comune, Provincia o Regione italiana che ci interessa (l’installazione, molto facile, è spiegata qui).

La cosa divertente è che un altro membro della mailing list, Paolo Mainardi, ha avuto l’idea di fare la stessa cosa per Drupal. Ha chiesto a Vincenzo il codice del suo plugin, e poche ore dopo ha rilasciato un plugin analogo – e che usa la stessa fonte di dati – per Drupal (potete prenderlo da qui). Complimenti a Vincenzo e a Paolo: direi che il movimento italiano open data ha dimostrato di avere le capacità tecniche per andare lontano.

Poi ci sarà da costruire una comunità di utilizzatori dei dati aperti, che abbiano voglia e capacità di raccontare storie basate sui dati che ci servano a capire meglio – e a riprogettare – la nostra vita in comune, dalle politiche dell’accoglienza ai conti pubblici. Ma questa è un’altra storia, e ci arriveremo. Una prima mossa in questa direzione potrebbe essere quella della città di Torino, che ha appena lanciato questo bando (hat tip: Lorenzo Benussi, sempre sulla solita mailing list)

The data and the context: open data and the democratic debate

Sorry, this post in Italian only. The gist of it is that I have been asked to represent the open data movement at tomorrow’s National Statistics Conference. I am going to argue for ISTAT to engage alongside citizens and public authorities to bootstrap an ecosystem of data-powered broad, rational public debate. There is a lot that ISTAT can do, because civic hackers mix and mesh statistical data with open data. The outline of my speech has been constructed collectively on the Spaghetti Open Data mailing list. As always, the “Translate” link enables automated translation.

Domani vado alla Conferenza Nazionale di Statistica. L’ISTAT ha organizzato un piccolo spazio di interazione informale (Agorà) in cui incontrare “il movimento open data”, che è un modo elegante per indicare Flavia Marzano (blog) – in rappresentanza di Datagov.it – e me – in rappresentanza di Spaghetti Open Data.

In questi giorni ho provato a ricapitolare le discussioni fatte in ML per capire come impostare l’intervento. Sono arrivato a un’impostazione fatta così:

  1. Il movimento open data pensa che il rilascio di dati pubblici in formato aperto sia una cosa buona in sé (“prima i dati, poi vedremo”). Le amministrazioni, che hanno in mano i dataset, vedono invece alcuni svantaggi, e perfino pericoli, che rendono il rilascio un’operazione che richiede un pensiero radicale [questo è molto basato sull’intervento di Aline Pennisi alla conferenza Fammi sapere]. E non hanno neanche tutti i torti – anche perché i dati sono spesso molto sporchi, e difficili e costosi da ripulire. Si corre il rischio che più dati non voglia dire più trasparenza, sia per ragioni tecniche legate alla sporcizia del dato che per ragioni culturali legate alla scarsa data literacy dell’opinione pubblica.
  2. Questo consiglia di pensare gli open data come un pezzo di un ecosistema della discussione razionale allargata che usi i dati come carburante, ma al cui centro stia, saldamente, il dibattito democratico. La cosa che mi immagino è un ambiente che, oltre al rilascio di dati, comprenda contests per storie basate su dati, tools avanzati per la visualizzazione, un po’ di ricerca universitaria, collegamenti con chi all’estero sta percorrendo questa strada etc.
  3. Piccola proposta: ISTAT potrebbe collaborare con il movimento open data nella costruzione di questo ecosistema. Ne è naturalmente un attore importante, perché i dati statistici forniscono contesto agli open data, e più gli uni e gli altri sono interoperabili (sia in senso tecnologico della possibilità di costruire meshup, che in senso sociale della partecipazione al dibattito) e meglio è. Possibili ruoli per ISTAT: dare una mano alla ripulitura e al consolidamento dei dati pubblici che pubblica a fini statistici; pubblicare in formato aperto e gratuito i propri dati (alcuni sono disponibili a pagamento: ma li abbiamo già pagati!); e guidare una riflessione profonda sul segreto statistico. Alcune rilevazioni – per esempio quella sulla spesa dei Comuni – riguardano soggetti pubblici, ma sono soggette a segreto statistico: la conseguenza è che non si possono avere i dati di spesa del singolo Comune, che forse è un po’ un anacronismo.
  4. Purtroppo, questo ci costringe a toccare un tema un po’ controverso – quello di Wikileaks. Il consenso all’interno del nostro gruppo è: l’attuale panorama tecnologico e dei media produce entità come Wikileaks, e sempre più ne produrrà. La riservatezza del passato non è più possibile. Il rilascio di open data potrebbe essere la “mossa del cavallo” per costruire fiducia intorno ad una trasparenza gestita, invece che ridursi a rincorrere le conseguenze di una trasparenza subita. L’esperienza dell’ISTAT potrebbe essere molto utile in questo.
  5. le stelline della riusabilità di Tim Berners-Lee – adottate con convinzione dal gruppo di Spaghetti Open Data – sono un esempio del modo in cui potremmo dare incentivi in positivo alle amministrazioni. Ha più senso vedere il concetto di apertura come una variabile continua (più o meno aperto) anzichè come una variabile binaria (aperti o non aperti). Con la scusa delle stelline, molti attori in più si possono trovare a partecipare al grande gioco degli open data ai livelli di apertura bassi, e poi crescere nel tempo man mano che migliorano qualità e condizioni di accesso ai propri dati (Matteo Brunati dice che “la curva di apprendimento è meno ripida”)

Al di là del merito, mi piace tanto l’idea che ISTAT e alcuni privati cittadini si ritrovino per scambiarsi idee sulle cose che si possono fare: vuol dire che il primo riconosce ai secondi una expertise importante, con cui vuole confrontarsi. Anche questa è Wikicrazia.