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Mondine and the bailout

The mondine, you see, are the elders of our tribe. It’s not just a matter of learning songs from them, however beautiful and important: it’s a general vision that they have to share, vision wich is deeply rooted in the values that make us, Italians, and Emilians in particular, what we are. So, when Antonio asked me what I think about the financial crisis and the bailout issue, I asked myself, what would mondine say? The answer is surprisingly simple and clear-cut: Silva, Lidia, Diva and the others have fought to take the satisfaction of some basic needs, which they perceive as individual rights, away from the private sector (personified by the landlord, standing on the bank of the rice paddy) and into some public sphere: care for the children, health care, pensions. There is no doubt they would much rather borrow the money to buy their home from the government, however faulty, than from Wall Street.

I do not mean to say technicalities are not important: they are, they make a huge difference, on them the Paulson plan – and its European equivalents – are accepted or rejected. But the mondine point of view gives us a perspective, a goal: the mortgage for your home should be with the government. We choose stability over sexy finance, and if this entails a slight loss of performance, so be it. A decent home is an individual right, and you do not mess around with it. Interestingly, you do not even need to be particularly skilled in finance to call this judgment: it saves a lot of brainpower and debate, and it “feels right”. The full interview became a podcast on Apogeonline (in Italian).

Le mondine e il piano Paulson

Le mondine, vedete, sono gli anziani della nostra tribù. Non è solo questione di imparare da loro delle canzoni, sia pure belle e importanti: è tutta una visione delle cose quella che hanno da trasmettere, e che è profondamente radicata nei valori che fanno di noi, gli italiani e gli emiliani in particolare, quello che siamo. Così quando Antonio mi ha sollecitato un parere sulla crisi finanziaria e sul piano Paulson, mi è venuto da chiedermi: cosa ne penserebbero le mondine? La risposta non è affatto complicata come si potrebbe pensare. Silva, Lidia, Diva e le altre hanno combattuto per sottrarre la soddisfazione di alcuni bisogni di base, che loro sentono come diritti, al settore privato (cioè al padrone in piedi sull’argine della risaia) per portarla in una sfera pubblica: servizi di cura per i figli, pensione, sanità. Non c’è dubbio che preferirebbero affidare il mutuo casa allo stato, ancorché scassato e lacunoso, piuttosto che a Merryl Lynch o anche a Profumo.

Non voglio assolutamente sminuire l’importanza dei complicati tecnicismi, su cui il piano Paulson o i suoi omologhi europei vengono approvati o affossati; ma il punto di vista delle mondine ci dà intanto una prospettiva, un obiettivo: il mutuo prima casa lo eroga lo stato. Scegliamo la stabilità del sistema anziché la finanza allegra, e se questo comporta una leggera perdita di efficienza, pazienza. La casa è un diritto, e con i diritti non si scherza. Ed è interessante come non si sa bisogno di essere grandi esperti di finanza per formarsi questa opinione: risparmia molto tempo e energia, e “si sente che è giusto”. Se vi interessa il ragionamento, lo trovate su Apogeonline. Nel frattempo la solita Voce.info (Dio ce la conservi) ha pubblicato una spiegazione semplice e convincente del meccanismo finanziario che porta alla crisi dei subprime.

Un economista in tour al tempo della crisi

Vancouver: quale crisi?

Il tour americano dei Fiamma Fumana coincide, quest’anno, con la crisi finanziaria che partendo da Wall Street sta investendo l’economia mondiale. In materia di finanza sono ignorantissimo, per cui non mi sento proprio di pontificare su posssibili soluzioni: per chi condivide con me l’impreparazione specifica e la voglia di capire segnalo questo articolo di Sandro Brusco che spiega quali sono i problemi del piano Paulson, naufragato giusto ieri. Come economista, mi interessa invece, e molto, la traduzione dell’andamento degli indicatori economici a livello della vita quotidiana delle persone. E l’occasione è ghiotta: la sera del nostro arrivo a Chicago, mercoledì, la televisione dell’albergo trasmetteva Bush a reti unificate che chiedeva 700 miliardi di dollari per comprare le attività finanziarie basate sui mutui casa; venerdì c’è stato il primo confronto televisivo tra McCain e Obama; ieri sera il piano Paulson è stato respinto dalle camere (hanno votato contro deputati di entrambi i partiti, ma in maggioranza repubblicani). Assisto dalla prima fila a un sussulto della storia economica americana e mondiale: certamente eventi di questa portata devono avere riflessi sulla vita di ogni giorno.

Sono a Vancouver: ieri siamo partiti da Seattle. Non c’è traccia dei miserabili in fila davanti ai pentoloni di minestra dell’Esercito della salvezza trasmessici dall’iconografia della Grande Crisi del 1929. Le strade sono piene di gente allegra e visibilmente benestante. I ristoranti alla moda sono pieni. Anche il nostro concerto di Seattle, nel suo piccolo, è stato un successo, con il teatro pieno. Nonostante questo, il nostro agente, Steve, ci racconta che il settore entertainment risente del nervosismo generale, ed è diventato più difficile riempire le sale. In effetti la spesa culturale è molto prociclica, cresce molto durante i periodi di boom e cala più della spesa aggregata durante le recessioni. Peccato, però. Certi consumi culturali (come il nostro tour Fiamma Fumana-Mondine di Novi, Di madre in figlia) possono dare un vero aiuto ad affrontare l’insicurezza finanziaria anni 2000: le mondine, per esempio, si sono fatte una guerra mondiale, la Resistenza, la ricostruzione, le legnate dalla Celere di Scelba ed eccole qua, sessant’anni dopo, indistruttibili e solari. Una meravigliosa dose di ottimismo per affrontare la revisione del bilancio familiare!