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Living Social in Brussels: la famiglia cresce

“Aspetta un attimo. Questo è uno spazio di co-living?” Questa domanda mi è stata fatta qualche settimana fa dal designer Ezio Manzini, che era in città per presentare un suo libro ed era venuto a cena. Eravamo nel cortile della nostra nuova casa, a una settimana o giù di lì dal trasloco. L’ho guardato, sorpreso. Per me quella era semplicemente casa, ma aveva ragione: abitiamo in uno spazio di co-living. Come era successo? Non siamo certo i candidati ideali per una comune.

La storia è questa: qualche anno fa, Nadia e io abbiamo provato la vita della famiglia nucleare migrante, e non ci è piaciuta per niente. Nel trasferirci a Bruxelles (2012) abbiamo deciso di affittare un appartamento più grande di quello che ci serviva, e di cercare qualcuno con cui condividerlo. Una giovane coppia, Kasia e Pierre (anche loro expats), è venuta ad abitare con noi, e ci siamo goduti moltissimo la loro compagnia. Quando il nostro padrone di casa ha rivoluto il suo appartamento, abbiamo deciso di rimanere insieme e cominciato a cercare un appartamento abbastanza grande per tutti e quattro. E poi abbiamo pensato, beh, questa convivenza sta funzionando molto bene, forse dovremmo prendere in considerazione l’idea di ingrandire la famiglia: cercare una casa ancora più grande, e una terza coppia per condividerla.

Così, ho scritto un post su questo blog, che racconta in modo più dettagliato di quanto abbia fatto qui sopra la nostra vita insieme a Kasia e Pierre. E poi sono successe due cose bellissime.

La prima è che abbiamo trovato un’agente immobiliare creativa, che si chiama Isabelle Sandbergen. Ne avevamo bisogno, perché – sorpresa! – il mercato immobiliare non è interessato a persone con costellazioni familiari non-tradizionali. Si punta tutto sulla famiglia nucleare, o sul single d’assalto; certo, si trovano appartamenti molto grandi se si è pronti a pagare affitti alti, ma quasi mai appartamenti che consentono di dosare socialità e privacy; per esempio, almeno a Bruxelles, non ci sono quasi mai abbastanza bagni in rapporto al numero di stanze. È quasi impossibile trovare qualcosa con tre-quattro bagni. Isabelle ci ha chiamato con un’intuizione: uno stesso padrone di casa, ci ha detto, affitta due loft appena ristrutturati, che si fronteggiano da due lati opposti di una corte. Sono troppo piccoli per noi, ma forse potremmo prenderli entrambi? Sono separati da una staccionata, ma la si potrebbe smontare in modo da permettere a tutti accesso libero a entrambi i loft. Così diventa un oggetto interessante, con una grande corte privata oltre a due open space (uno fa da soggiorno-cucina, l’altro da ufficio), quattro camere da letto, due bagni, due toilettes e qualche extra. Ci interessa? Ci interessava. Abbiamo firmato il contratto una settimana dopo quella telefonata.

Living room and courtyard

La seconda cosa bellissima è che abbiamo trovato due compagni di casa straordinari.. Sono entrambi italiani, ed entrambi vivevano all’estero anche prima di venire ad abitare con noi: Ilaria qui a Bruxelles, Giovanni a Londra. Ilaria ha vissuto qui per molto tempo, ed è praticamente locale; Giovanni si sta ancora ambientando. Lei lavora nell’Euro-ambiente, mentre lui si sta concentrando su una startup di cui è co-fondatore. Ilaria ha piantato erbe aromatiche, e il tiramisu di Giovanni è rapidamente diventato il dolce preferito di casa. C’è ancora più diversità di prima in casa. Come li abbiamo trovati? Nel solito modo, attraverso Internet. Quando si sono presentati, ci hanno detto di essere stati invogliati dal mio post, e di avere almeno un’idea di cosa aspettarsi. Questo ci ha rassicurati, perché lasciava immaginare che avessero la flessibilità necessaria per Living Social in Brussels; e glie ne servirà molta, di flessibilità, perché il viaggio è affascinante ma nessuno di noi ha una mappa.

Con sei persone, potreste pensare che ci si stanchi di tutta questa gente. Ma è vero il contrario: abbiamo stili di vita e orari diversi, un sacco di spazio (circa 200 metri quadri, più la corte e un atrio enorme) e finiamo per non vederci molto. Anzi, secondo me non ci vediamo abbastanza. Io sto provando a organizzare “cene di famiglia” almeno una volta al mese, perché è molto divertente quando siamo tutti insieme, ma se nessuno organizza non ci capita mai! Invece è abbastanza comune condividere un pasto in numeri più piccoli, tre o quattro persone.

Ezio mi ha raccontato che il suo gruppo al Politecnico di Milano è stato coinvolto nella progettazione di alcuni spazi di co-living, ma non era mai stato in uno che fosse sorto spontaneamente. Sembrava affascinato dalla scoperta che il mondo là fuori avesse scavalcato la ricerca e sviluppo, e che noi – non sapendo che realizzare uno spazio di co-living pone molti problemi – ne avessimo semplicemente fatto uno. Non pensiamo a quello che stiamo facendo come a un’attività di design, ma siamo consapevoli che dobbiamo imparare a vivere insieme, e goderci la compagnia gli uni degli altri su tempi lunghi. E quindi sperimentiamo: usiamo parecchi hacks come documenti condivisi, un calendario online, fogli di calcolo per le spese comuni e così via: proviamo delle cose, teniamo quello che funziona, scartiamo quello che non funziona.

Grazie a tutti per i vostri messaggi di simpatia dei mesi scorsi, e per avere ricondiviso i nostri post sui vari media sociali. Avete aiutato Ilaria e Giovanni a trovarci, e così avete arricchito le nostre vite. Se passate da Bruxelles, passate per un caffè o un bicchiere di vino!

Grazie a Simone De Battisti per l’ispirazione.

Oltre la famiglia nucleare: reinventando il nostro stile di vita a Bruxelles

Tre anni fa, quando progettavamo il trasloco a Bruxelles, Nadia e io abbiamo deciso di condividere l’appartamento. La maggior parte dei nostri amici e dei nostri familiari erano perplessi: non molte coppie adulte decidono di condividere la loro casa, anche se possono permettersi di non farlo. A noi invece sembrava completamente logico. Nadia è svedese, io italiano; al tempo vivevamo a Strasburgo, in Francia. Questo faceva di noi una famiglia nucleare emigrante, completamente tagliata fuori dalla rete di supporto emotivo e materiale offerte dai nostri amici e dalle nostre famiglie di origine. Eravamo semplicemente troppo isolati nel nostro appartamento di Strasburgo, per quanto piacevole; e abbiamo deciso di provare qualcosa di diverso. Così, abbiamo affittato un appartamento molto più grande di quello che sarebbe servito a noi due soli, e abbiamo chiesto a Internet di mandarci qualcuno con cui condividerlo.

Dopo tre anni, pensiamo che l’esperimento sia riuscito. Negli ultimi due abbiamo abitato con Kasia e Pierre, una giovane coppia di espatriati (Kasia è polacca, Pierre francese). Ci godiamo la coabitazione: la casa sembra più animata, e non passa giorno che non chiacchieriamo almeno un po’, facendo colazione o prendendo un caffè. Ci godiamo il soggiorno grande e arioso con vista sulla città. E, francamente, apprezziamo che il nostro stile di vita sia poco costoso relativamente alla sua qualità: grazie alle economie di scala implicite nella vita in famiglia, paghiamo un affitto ragionevole per uno spazio molto bello.

Lungo la strada, abbiamo scoperto che ciò che rende la nostra coabitazione così piacevole è che siamo così diversi tra noi. Veniamo da quattro paesi diversi; abbiamo età diverse (Pierre, il più giovane, ha 19 anni meno di me, il più vecchio); facciamo lavori molto diversi (Kasia è infermiera di un dentista, Pierre dirige una boutique, mentre io e Nadia apparteniamo alla tribù del “cosìè che fai, esattamente?”). Noi viaggiamo moltissimo, mentre loro tendono a stare molto in città Questo funziona bene su molti piani. Su un piano puramente pratico, quando viaggiamo ci piace sapere che la casa è abitata, e che se succede qualcosa Kasia e Pierre possono intervenire; e sono sicuro che a loro fa piacere lo spazio extra. Noi paghiamo l’elettricità, il telefono e Internet, e loro per le pulizie – meno burocrazia per tutti. Abbiamo una stanza in più, che normalmente Nadia e io usiamo come ufficio ma che diventa una bella camera a disposizione degli ospiti di tutti e quattro.

Ma la nostra coabitazione non è fatta solo di aspetti pratici. Kasia e Pierre sono bellissime persone; e, cosa importantissima, sono persone diverse da Nadia e me. Viviamo la città in modi diversi. Abbiamo angolazioni diverse su quasi tutto, dalla politica francese alla birra belga. Confroontarci con loro è sempre interessante, e apprezzo molto le loro intuizioni e la loro saggezza. Non che passiamo molto tempo insieme. Credo che la nostra convivenza si sia sviluppata nell’ordine giusto: siamo partiti da un atteggiamento di rigoroso rispetto reciproco per la privacy e gli spazi gli uni degli altri. Poi, nel tempo, ci siamo avvicinati, abbiamo cominciato a condividere qualche pasto, qualche uscita; abbiamo conosciuto le famiglie e gli amici gli uni degli altri, tutta gente simpaticissima.

Funziona bene. Così bene che, quando un mese fa il nostro padrone di casa ci ha annunciato che il suo appartamento gli serve, e che quest’estate dovremo traslocare, abbiamo deciso di restare insieme, e di cercare un posto nuovo come famiglia ISTAT di quattro persone. Anzi, stiamo considerando di espandere il gruppo. Se quattro persone possono vivere così bene insieme in un appartamento grande, come funzionerebbe se fossimo cinque, o sei, o sette in uno ancora più grande?

Se anche tu te lo stai chiedendo, chiamaci. Prendiamo in considerazione includere nel gruppo una o più persone amichevoli e rispettose, di qualunque età, nazionalità, genere e percorso di vita. Naturalmente, avremo bisogno di trovare lo spazio adatto, in modo da avere aree comuni per la convivialità ma anche spazi privati adeguati per la privacy! Se ti vedi in questo quadro, vieni a trovarci per un caffè e conosciamoci. Alla peggio, avremo preso un caffè in buona compagnia! E se conosci un grande appartamento che potremmo affittare ( almeno tre camere da letto e due bagni, idealmente quattro camere e tre bagni) a Bruxelles (ideali Saint-Gilles, Ixelles, Etterbeek, Anderlecht, Forest o Uccle), ti saremo grati se ce lo farai sapere. Abbiamo bisogno di spazio per reinventare il nostro stile di vita.

Facciamo questa cosa per ragioni totalmente egoistiche: stiamo bene insieme, risparmiamo, viviamo bene. Allo stesso tempo, siamo consapevoli che stiamo lavorando su un problema globale. Il pianeta Terra ha 230 milioni di emigranti internazionali; quelli intra-Unione Europea come noi sono 8 milioni. Molti giovani europei semplicemente non possono permettersi di restare dove sono nati: il lavoro, lo studio, l’amore li portano a emigrare. E quando lo fanno, come noi, perdono le loro reti di supporto, ed è difficile ricostruirle in un paese nuovo. Vivere insieme nella diversità – il giovane con l’anziano, lo sportivo con la persona con problemi di mobilità, l’accademico con l’operaio – diventa la piattaforma principale per condividere le nostre diverse abilità, e per essere in grado, in quanto gruppo, di risolvere problemi di molti tipi, sia emotivi che pratici.

Niente di tutto questo è nuovo. Lo hai certamente sentito dire – probabilmente ai convegni sull’innovazione sociale, probabilmente da persone che vivono in famiglie nucleari della classe media. Ma noi abbiamo deciso di sperimentarlo in prima persona. Probabilmente non sarà la scelta giusta per tutti, ma lo è per Nadia, Kasia, Pierre e me; credo fortemente che possa esserlo per molti altri. Chi vuole unirsi?