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Lezioni dall’Egitto: dalle previsioni all’early warning


Daniel Kaufmann si è divertito a elencare gli autorevoli commentatori che hanno previsto che, a differenza che in Tunisia, in Egitto il malcontento della popolazione non ci sarebbe stato, e comunque non avrebbe messo in seria difficoltà il governo. Ci sono cascati tutti, da Foreign Policy alla BBC, da Time all’Economist.

Fare previsioni è sempre stato difficile, e lo diventa sempre di più. In una società così complessa come la nostra, anche gli analisti migliori sono pessimi previsori. In un contesto diverso, con David Lane, stiamo ipotizzando che in alcuni casi le previsioni si possano sostituire con un sistema di early warning che individui le dinamiche sociali emergenti al loro stadio iniziale, quando si può ancora intervenire. Questo si farebbe combinando e filtrando grandi masse di dati, molti dei quali raccolti sul web. L’idea, che suonerà familiare a chi usa Internet come meccanismo di filtraggio sociale per le informazioni, è che la conversazione globale sia un’entità di livello superiore, che sa delle cose che nessuno di noi che vi partecipiamo può sapere.

Per descrivere questo ipotetico sistema, David fa sempre l’esempio della sorveglianza post-marketing introdotta nel mercato dei farmaci dopo lo scandalo del Talidomide. Questo farmaco veniva usato dalle donne incinte negli anni Cinquanta, e poteva indurre terribili deformità nei neonati, ma solo combinandosi in modo nonlineare con altri fattori; fu messo in commercio perché i test di laboratorio non permisero di scoprire il problema. Furono i medici curanti delle madri che avevano generato bambini malformati a scoprire, nell’oceano di rumore statistico, il debole segnale dell’assunzione di Talidomide durante la gravidanza. Ora le case farmaceutiche lavorano con i medici per cercare correlazioni statisticamente molto deboli, ma che è possibile scoprire facendo ricorso alla massa di dati ottenuta dal mettere insieme le conoscenze di tutti i medici.

È un argomento affascinante, almeno per me. E – tornando all’Egitto – ha anche una conseguenza inaspettata: che acquisisce ancora più importanza sociale il lavoro di Wikileaks. I leaks alimentano la conversazione globale, e così aumentano la probabilità che bloggers, cittadini e attivisti mettano insieme le loro conoscenze e scoprano tendenze emergenti. È stato detto che Wikileaks è dannosa, perché ostacola il lavora della diplomazia: ma con un’analisi così carente, viene da chiedersi come è possibile che le diplomazie possano compiere un lavoro accettabile.

Narrative dell’innovazione: i tarocchi tecnologici a Drumbeat

Secondo David Lane, a volte siamo chiamati a prendere decisioni in condizioni che lui chiama di incertezza ontologica. Si ha incertezza ontologica quando non si è assolutamente di grado di fare un quadro esaustivo della situazione, e di arrivare a rappresentarsi la gamma delle scelte possibili e delle loro conseguenze per noi. In un articolo famoso, ci invita a considerare la situazione di un diplomatico bosniaco all’inizio del settembre 1995, che tenta di fermare il massacro che sta avvenendo nel suo paese.

È molto difficile decidere chi sono gli amici e chi i nemici. Prima combatte contro i croati, poi al loro fianco. Il suo esercito affronta un esercito composto da serbi bosniaci, ma suo cugino e altri musulmani dissidenti combattono al fianco di quest’ultimo. Cosa puà aspettarsi dalle forze di sicurezza dell’ONU, dai bombardieri NATO, dai politici occidentali, da Belgrado e Zagabria, da Mosca? Chi sono gli attori importanti, e cosa vogliono? Su chi può contare, e per cosa? Non lo sa – e quando crede di saperlo, la situazione cambia di nuovo.

Come decidere in queste situazioni? Risposta: raccontandosi storie. Gli umani sono bravi con le storie: se ti riconosci nell’eroe di una storia, sarà lui a ispirare le tue azioni, proprio come Don Chisciotte cambia la sua vita per rimodellarla sui modelli dell’epica cavalleresca medievale.

L’innovazione accade spesso in condizioni di incertezza ontologica. Si può avere un obiettivo in termini di produzione di un artefatto, ma il sistema di mercato – che dipende dall’uso che le persone decideranno di fare di quell’artefatto – è sempre emergente. La stampa a caratteri mobili è stata un progetto di ricerca e sviluppo, ma Gutenberg non aveva certo previsto l’umanesimo e il mercato dei libri tascabili di Aldo Manuzio; Henry Ford ha razionalizzato la produzione dell’automobile, ma non poteva prevedere i quartieri dormitorio per pendolari che la civiltà dell’automobile ha reso possibile. Realizzare e portare al mercato un’innovazione significa agire in un contesto mutevole, come quello in cui si muove il diplomatico bosniaco dell’esempio. E per farlo occorre raccontarsi storie.

Nadia El-Imam ha avuto l’idea di aiutare le persone a raccontare storie su se stessi e il loro rapporto con la tecnologia e l’innovazione usando degli speciali tarocchi da lei inventati (invece che la Torre e la Papessa, rappresentano il Server, il Programmatore, l’Interfaccia e così via). Vestita da cartomante zingara, si è offerta di leggere il futuro dei geeks che affollavano il Drumbeat, evento organizzato a Barcellona da Mozilla Foundation. Il risultato è stato un successo straordinario, con le persone in coda ad aspettare il loro turno di interrogare le carte. Tra di loro, l’imprenditore e venture capitalist Joi Ito (che si vede nel video). Attraverso l’interrogazione delle carte, gli innovatori riprendono il filo di ciò che stanno facendo e cercano una via per proseguire il loro viaggio.

A loro modo, i “tarocchi tecnologici” di Nadia sono una piattaforma, utilizzabile come strumento di ricerca etnografico, veicolo per il counseling aziendale e chissà quante altre cose. Sono curioso di vedere come evolve.

Narratives of innovation: techno tarot@Drumbeat

According to David Lane, sometimes we need to make decisions in a condition that he calls of ontological uncertainty. That means we have no means of painting an exhaustive picture of the situation and of the full range of moves we can possibly make; and certainly we are unable to foresee the consequences of the few moves we can imagine. In a famous article, David asks us to consider the situaton of a Bosnian diplomat trying to bring an end to the bloodshed in his country in early September 1995:

It is very difficult to decide who are his friends and who his foes. First he fights against the Croats, then with them. His army struggles against an army composed of Bosnian Serbs, but his cousin and other Muslim dissidents fight alongside them. What can he expect from the UN securiy forces, from the NATO bombers, from Western politicians, from Belgrade and Zagreb, from Moscow? Who matters and what do they want? On whom can he rely, for what? He doesn’t know – and when he thinks he does, the next day it changes.

How to make decisions in such a situation? Answer: by telling yourself stories. Humans are good at storytelling: if you recognize yourself as the hero of a story, he will inspire your course of action, just like Don Quixote changed his life to model it in on medieval chivalry epics.

Innovation often happens in ontological uncertainty conditions. It is certainly possible to have a well defined goal in terms of producing an artefact, but the market system that depends on what people will use that artifact for – is always emergent. Movable type printing was a well-defined R&D project, but Gutenberg could not have forseen Aldus Manutius’s portable book and and the Umanesimo movement in Italy in the Renaissance; Henry Ford rationalized car production, but he could not have foreseen bedroom communities and mass commuting. To build and bring to market an innovation means acting in a changing context, like that of our Bosnian diplomat. And that requires storytelling.

Nadia El-Imam has come up with the idea to help people to tell stories about themselves and what they are doing with technology. She uses a special deck of tarot cards she designed herself (in lieu of the Hermit and the Magician she has arcana like the Server, the Developer and the Interface). Dressed up as a gypsy fortune teller, she offered to divine the future of the various geeks gathered at Mozilla Drumbeat in Barcelona. It was a roaring success, with a permanent queue of people waiting to interrogate her tarot. Among them, entrepreneur and venture capitalist Joi Ito (in the video). Engaging with Nadia and the cards, innovators make sense of what they are doing, and look for a way to complete their quests.

In their own unusual way, Nadia’s techno tarot are a platform, that lends itself to be used for collecting ethnographic data on innovation, for technology counseling and who knows for what else. I am quite curious to see how it all evolves.