Correggio-Pescara. Un racconto sullo sviluppo e i suoi fallimenti (guest post)

di Marco Colarossi 

CORREGGIO. INTERNO NOTTE

…cominciamo allora a raccontare la storia di un uomo, di un filosofo, o meglio di uno di quei giganti di cui parlava Guglielmo da Baskerville, il frate francescano protagonista del testo di Umberto Eco ‘Il nome della rosa’. Egli disse (citando Bernardo di Chartres) al suo allievo Adso: ‘Siamo nani, ma nani che stanno sulle spalle dei giganti, e nella nostra pochezza riusciamo talora a vedere più lontano di loro sull’orizzonte.’
La storia di un uomo. ‘Nessuna analisi, per quanto profonda, può avere intensità e pienezza di senso paragonabili a quella di una storia ben raccontata’, diceva Hannah Arendt.”

E’ questo l’inizio scelto da Simona per il suo primo incontro serale intitolato “Socrate e il mestiere di vivere.” Vuole provare a portare per una volta la filosofia fuori dalle aule scolastiche, e accetta la sfida di farlo nel suo piccolo paese: è il posto nel quale ha deciso di vivere, con la sua famiglia, i suoi amici, la sua gente… non potrebbe vivere da nessun’altra parte, eppure sta male nel vedere come spesso vanno le cose, anche in questa parte di mondo. Sente la responsabilità di dover provare a dare il suo piccolo contributo per un cambiamento. Questo non può essere il migliore dei mondi possibili.

“Socrate risponde che chi sa cosa deve fare, lo farà immancabilmente; se non lo fa, è perché non lo sapeva veramente… Fermati e pensa…”

Ha ripetuto la lezione molte volte, ma parlare davanti a gente adulta e conosciuta non è per niente facile. Per fortuna in prima fila ci sono i suoi ex allievi del liceo, ancora legati a lei e venuti nonostante le probabili interrogazioni del giorno seguente.

“Ecco il primo momento di contatto tra pensiero e coerenza di vita nell’intera filosofia occidentale.”

Applausi. Lei ringrazia, spiega il filo conduttore che aveva pensato per questa e le prossime due serate, poi però vede che la gente è ancora attenta, nessuno si alza, e allora continua, e prende a ripetere i concetti principali e a sottolineare l’attualità del pensiero di Socrate, per 2, 3, 4 minuti … “questa non la ferma più nessuno!” penso sorridendo fra me e me… ma sù, non si accorge che è il momento di chiudere, son già le 10 e 40 … lei invece continua, è un fiume in piena, quand’ecco che accade ciò che non mi sarei mai aspettato: una signora interviene, parla di sé e fa una domanda, poi ne subentra un altro, e altri ancora, ognuno con esempi e pensieri personali, ognuno con un proprio linguaggio, tutti visibilmente scossi dall’energia emanata da questa piccola filosofa che non la smette più di parlare, perché tiene troppo alle cose che dice, e le dice così, senza nessun tipo di barriera difensiva, in modo assolutamente emotivo.

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PESCARA. ESTERNO GIORNO

“Secondo me, Marco, i progetti sono tutti chiacchiere, tutti. In dieci anni l’unico risultato che abbiamo ottenuto è stata la sensibilizzazione del territorio rispetto a questi temi, la sensibilizzazione. Guarda anche il nostro progetto, che risultati ha ottenuto?”
“Beh, dopo la nascita di Pescaraduepuntozero c’erano grandi aspettative, se si fosse riusciti a dare all’associazione visibilità attraverso il festival avrebbero potuto proporsi per organizzare altre cose…”
“Sì, è vero, se si fosse fatto… ma poi dove sono andate a finire le istituzioni? E il Comitato dei Giochi del Mediterraneo? Di quello nessuno sa ancora nulla…”

E’ una giornata di sole gelido, nel febbraio pescarese. E’ passato un anno e mezzo dall’inizio delle attività di progetto; sembra una vita.

“…e poi basta progetti sugli immigrati, sui carcerati, sugli svantaggiati… non ce l’ho con loro, per carità, ma abbiamo messo in questi progetti montagne di soldi e non abbiamo prodotto nessun tipo di sviluppo territoriale. Servono progetti realmente innovativi… e soldi non dati a questi enti intermedi che ne tengono la maggior parte per loro e solo per produrre carta…”

Il tono della conversazione prosegue in un’altalena quasi schizofrenica in modo prima finto-dadocumentiufficiali, poi confidenziale-dasfogopersonale, poi ancora il primo…

“Il partner X onorerà gli impegni presi per il project work realizzando l’attività Y (((ma non tutte le altre)))… Noi abbiamo chiuso con il concerto del primo gennaio, nel quale i ragazzi hanno suonato su un palco enorme in una delle piazze principali di Pescara (((vuota))) … Prima dell’inizio del concerto, nel momento dei ringraziamenti di rito all’amministrazione per lo spazio concesso, mi sono sentito battere la spalla… mi sono girato… era l’assessore! Salito sul palco a sorpresa! …”
“Non ci posso credere, quello che era venuto subito in conferenza stampa promettendo il contributo dell’amministrazione per il festival, per poi non farsi trovare per mesi?? Bisogna avere davvero una faccia…”

Questa è una roba da commedia tragicomica all’italiana, penso fra me e me, ci si potrebbe trarre un libro o un film, o ancor meglio uno spettacolo teatrale…

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PESCARA-CORREGGIO. INTERNO GIORNO

“Ciao! Sono a Pescara, se ti va ci possiamo vedere per fare due chiacchiere…”
“Oh, ciao. Sì, devo portare mia madre in un posto poi passo e ci andiamo a prendere un caffè, ok?”

I due amici entrano nel bar, ordinano da bere e si siedono al tavolino vicino all’entrata.

“Che mi dicevi della situazione del progetto?”
“Brutto argomento, era meglio continuare a parlare di Correggio Mon Amour… La situazione è a dir poco un disastro: A è fallito e son tutti irreperibili, B è sotto indagini della procura, C ha sbagliato ancora a compilare i documenti per il rimborso, e la Regione non si capisce…”

Arriva il barista e i due si fermano di parlare.

“Ma dimmi un po’, secondo te il progetto è fallito? Perché c’è chi dice che non è così… io però penso di sì, ed ho investito in questa cosa molto tempo e la mia faccia, e io vivo della mia faccia, della mia reputazione, quindi almeno devo cercare di capire perché non ha funzionato, trarne una lezione, anche negativa, da portare con me.” 

In sottofondo la radio passa “Fango”, il nuovo singolo di Jovanotti…

“Non so, credo tu abbia ragione, probabilmente non avrebbe dovuto illudere tutti che una volta trovata una buona idea e un progetto di festival i soldi sarebbero venuti, perché non si può negare che poi il fatto di non averli trovati e non aver fatto il festival ha determinato delusione e perdita della fiducia, rendendo la situazione peggiore di quella iniziale… però cavolo, i soldi per fare un festival il progetto li aveva, forse non un festival così grande, ma una base si pensava proprio di riuscire a mettercela come progetto!
… e poi non è così facile dire cosa è giusto fare, a Correggio ad esempio è successo il contrario: una volta trovata l’idea sono arrivati anche i soldi, dalla Comunità Europea, dalla Fondazione Manodori…”

Cos’è che fa funzionare un progetto di sviluppo?
Io un’idea ce l’ho: la filosofia.

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2 pensieri su “Correggio-Pescara. Un racconto sullo sviluppo e i suoi fallimenti (guest post)

  1. Alberto

    Ma quale guest, tu qui sei a casa tua, Marco. Volevo giusto concordare con te un post sulla catastrofe pescarese (quante promesse tradite!), e il tuo è come sempre molto bello. Però non sono del tutto d’accordo con la conclusione: secondo me ciò la lezione di Booster è che ciò che fa il successo di un progetto di sviluppo sono le persone, e i rapporti che intercorrono tra loro. Noi abbiamo avviato un processo con gente che non conoscevamo ma che era in qualche modo garantita da terzi che rispettiamo. Questa gente si è rivelata non solo incompetente sia in termini di contenuto che in termini di gestione, ma del tutto impermeabile all’idealismo che abbiamo cercato di iniettare nel progetto. A questo punto – ricordi? – io volevo uscire dal partenariato, ma tutte le persone sagge che abbiamo interpellato ci hanno detto che la cosa da fare era finire il progetto, difendere quel po’ di risultati che avevamo ottenuto.

    Forse avevano ragione, qualche energia positiva si è sprigionata dal nostro ritorno a Pescara con Cisco e Giovanni, a fine novembre. Ma forse avevano torto: il progetto è sprofondato ancora di più nella paralisi e nell’ambiguità, e temo che sia difficile, in quella situazione, distinguere tra noi e loro. Il mio istinto – per quello che vale – mi dice che avrei dovuto ritirarmi dal partenariato a ottobre, facendo scoppiare lo scandalo.

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  2. Marco Autore articolo

    uhm, difficile dire in un post o un commento tutto quello che penso su Booster, quello che forse volevo dire con questo è che appunto la cosa fondamentale per il successo dei progetti sono le persone: quanto credono nelle cose che fanno, quanta volontà hanno di affrontare e superare le avversità che inevitabilmente devono affrontare (o quanto desiderano rilanciare dopo aver ottenuto i primi risultati) … in definitiva, quanto sono determinati a voler cambiare le cose/persone che le circondano (se il loro lavoro/obiettivo è cercare di realizzare progetti di sviluppo locale) … e non ciò che c’è scritto sui documenti ufficiali… forse il cuore del racconto è nello stacco fra la fine della prima sequenza e l’inizio della seconda…

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