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Sharing vs. the earthquake in northern Italy: a cause for hope

I find it hard to concentrate on my work today. I am from Modena, Emilia Romagna, Italy, that just today has been hit by a 5.8 magnitude earthquake. I live in France, but my whole family and lots of friends are in hard-hit areas.

As I keep an eye on Twitter for news and updates, I realized that people are spontaneously mobilizing to create – apparently out of thin air – common resources that make a difference to the local people trying to cope with the earthquake’s aftermath. Let’s see:

  • first of all, there is Twitter itself. By now westerners have become accostumed to the uncanny speed with which online social networks, Twitter in particular, get on top of information and spread it as it happens. I know the math behind it (Twitter is a scale-free. multihub structure, extremely good for spreading information), but watching it happen is quite fascinating. In Modena today the cellular phone network went down: I learnt my own family was safe through a tweet by my sister. The hashtag has been used to pass news around and coordinate: bring water to village X,  parents of children taking part in sport event Y know that they are all safe, etc. It has even be kept free of non.operational stuff, like the emergency lane of a road closed to all traffic saved ambulances and fire trucks. As often before in comparable situations, professional journalists are reduced to updating their websites based on… Twitter.
  • second, as the phone network failed and the need for communication was very urgent, people quickly figured out they could create a rough-and-ready data communication network simply removing the passwords that prevent unauthorized users to connect to the wi-fi hotspots in their homes, shops and offices. Citizens, businesses, local authorities and at least two telecommunicatioin company with a commercial wi-fi offer (TIM and Vodafone – here is the latter’s instructions) all did this. The suggestion and the instructions to reconfigure hotspots is being spread through Twitter and Facebook as I am writing this. In densely populated cities like Modena, this means a more or less complete coverage. For free, and in minutes.
  • third, thousands of people were made temporarily (and in some cases, unfortunately, more than that) homeless, as their homes need to be checked for damages by technicians. The Couchsurfing network sprung into action, asking its members to post onto a specific web page whether they were willing to take on evacuees, and for how long. Immediately several pages of offers shot up. Many list a duration of “as long as they need to”. For those who don’t know it, Couchsurfing is a network of predominantly young adults who share their couches or guest rooms: it is a way to travel to a distant city  and not only save the money of a hotel room, but also have a local that they know.

So, these are three common resources that did not exist yesterday, and that today are helping to cope. There’s probably others I am not aware of. It is too soon to draw any final conclusions, but at least tentatively I would like to attempt two:

  1. commons are in the eye of the beholder. All of those wi-fi routers were there before. It’s just by looking at them in a new way and thinking “Hey, if I open  up my wi-fi my neighbor will be able to inform her family in a distant city that she’s all right; plus, if we all do it,. will be able to compensate for the telephone network’s failure.” instead of  “I need to keep my wi-fi protected from free riders or, worse, pirates” that the common good is created.
  2. Internet culture is conducive to creatng and maintaining commons. There is no going around it: all three phenomena (and many others) are intimately related to the Internet: enabled by its existence and consistent with hacker “do it yourself” ethics.

There may be a third one, but it is not very scientific: the seeming ease with which my countrymen and -women adopted such sharing behavior is a harbinger of hope. Looking forward to what comes next.

Ricablare l’economia/2: Kevin Kelly impugna la bandiera rossa

Ho scritto qualche tempo fa di come la rete stia dando prova di essere un formidabile strumento di generazione di commons. In quanto comuni, queste attività sono difficili da monetizzare e hanno quindi problemi di business model, pur contribuendo al benessere collettivo e alla competitività globale. Il settore pubblico ha l’occasione di intervenire per sostenere questo processo.

La settimana scorsa mi arriva Wired e mi trovo che un titolo di copertina con cui mi sento in sintonia: “The new new economy”. Nel pezzo forte della rivista, Kevin Kelly parla di socialismo riprogettato. C’è qualche forzatura, dovuta – immagino – al dovere di Wired di essere cool, ma il punto è esattamente lo stesso: wiki e web2 hanno una vocazione naturale alla produzione di beni pubblici.

Ricablare l’economia per produrre nuovi commons (lungo)

La vittoria di CriticalCity a TechGarage ha dell’incredibile. Intanto per le proporzioni schiaccianti: i ragazzi di Milano hanno vinto tutto (il primo premio, il premio di Wired e il premio del pubblico, con una colletta da 100mila euro improvvisata per fornire loro i fondi di startup. Non sto scherzando: leggete il racconto di Marco, che era presente). E poi perché il loro progetto è esplicitamente sociale e not-for-profit (“non vogliamo monetizzare l’impegno per migliorare le città dei nostri giocatori”, dicono), mentre TechGarage è un luogo consacrato all’impresa pura e dura, for profit, promossa dall’azienda di venture capital Dpixel e frequentata dal gotha degli investitori in hi-tech di casa nostra. In qualche modo, queste persone hanno percepito CC come un’idea troppo bella per non essere realizzata.

Questa storia ha dell’incredibile anche per una terza ragione. CC non esce dal vivaio di uno dei tanti progetti di incubazione di startup promossi dal settore privato, tipo Working Capital (di Telecom). Esce, invece, da un ambiente di progettazione creativa di una pubblica amministrazione italiana, cioè da Kublai, che ho l’onore di avere ideato e di dirigere per conto del Ministero dello Sviluppo. Anche Gianluca, presidente di Dpixel e artefice dell’operazione TechGarage, ha incontrato CC da membro della giuria che ha assegnato il Kublai Award a gennaio. Questo, secondo me, vuol dire due cose.

1. Le communities, se orientate nel modo giusto, sono tendenzialmente in grado di riconoscere le buone idee. Quelli di Kublai sono progetti creativi, non video di gatti: quindi sono complessi, vanno valutati su più dimensioni. Il documento di progetto di CriticalCity, per esempio, è lungo oltre 30 pagine con gli allegati. Il consenso creatosi all’interno della community kublaiana su CC ha predetto con grande precisione ed energia quello verificatosi a TechGarage e in altri contesti.

2. Il settore pubblico, per tradizione più orientato ai beni collettivi di quello privato, si trova oggi in una posizione assolutamente strategica. Oggetti come Wikipedia, Delicious, Flickr, Twitter hanno natura di beni pubblici, risorse a disposizione di tutti. Anche CriticalCity potrebbe diventarlo. Ora, i beni pubblici sono una gran bella cosa, ma se sono pubblici vuol dire che il loro consumo non è escludibile, quindi sono per definizione molto difficili da monetizzare – e infatti molte bellissime idee del web 2.0 hanno problemi sul modello di business. Questa è una grande opportunità per il settore pubblico, la cui missione è proprio quella di produrre beni pubblici. Dopo la tragedia dei commons messa in moto nel settecento, le tecnologie digitali consentono oggi di invertire la tendenza e di creare nuovi commons. E chi vince la gara dei commons vince la gara della competitività globale.

Si è aperta, mi pare, una finestra di opportunità straordinaria, che non credevo avrei visto nella mia vita. Abbiamo democratizzato la creatività, per cui concepire e tentare di realizzare progetti ambiziosi come CriticalCity fa ormai parte dell’orizzonte del possibile per ragazzi  e ragazze normali come Augusto, Duccio, Chantal e gli altri; abbiamo nel web 2.0 uno strumento potentissimo per aggregare idee e persone, e ormai forse anche per selezionarle; ormai cominciamo anche ad avere una prima generazione di persone che stanno nelle pubbliche amministrazioni, capiscono questo linguaggio e sanno usarne gli strumenti.

Questa prima generazione ha oggi una nuova missione: ricablare l’economia per permettere la produzione di commons. Wikipedia e gli altri possono avere modelli di business instabili, ma il loro contributo al benessere collettivo e alla competitività globale è indiscutibile. Un governo degno di questo nome deve promuovere queste cose. E può farlo, perché ha risorse enormi, normalmente impiegate in attività a produttività bassissima: tutti i progetti presentati a Public Services 2.0, messi insieme, costavano quanto un unico progetto del programma europeo e-participation. Si tratta di ricablare l’economia, per convogliare attenzione e un po’ di denaro verso le persone come i ragazzi di CriticalCity, che sognano di costruire risorse a disposizione di tutti, e proprio per questo difficili da monetizzare. E’ difficile, ma non impossibile, e assolutamente necessario. Io ci provo. Spero, e credo, che non resterò solo su questa strada.