Archivio della categoria: L’economista errante

Il mondo visto con gli occhi di una specie di economista

Perché abbiamo e-trasferito la nostra impresa in Estonia: vi presento Edgeryders Osaühing

“Lo sappiamo, il pitch è più attraente della realtà.” – dice Marten Kaevats – “Ma ci stiamo lavorando.” Mi guardo intorno. Ci stanno lavorando, e come.

Marten, Henri Laupmaa e io stiamo cenando insieme a Telliskivi Loomelinnak (“Creative City”). È una grande ex-fabbrica di componenti elettronici dell’era sovietica, nella parte nord di Tallinn. Durante il boom dei primi anni 2000, un’impresa immobiliare aveva programmato di farci appartamenti di lusso. Con la crisi, ha tirato fuori un piano B: trasformarla in un hub per piccole imprese creative. Oggi è la casa di 200 tra imprese e associazioni: studi di designers, startups, spazi di co-working, locali notturni. È ariosa, colorata nella luce obliqua della primavera nordica. Dà un senso di speranza.

Marten è il Chief Innovation Officer del governo estone. Henri è uno dei più importanti imprenditori Fintech del paese. Sono amici: entrambi vengono da un’esperienza di attivismo sociale e organizzazione dal basso. Sono venuti a cena per darmi il benvenuto, e per aiutarmi a orientarmi. Sono loro grato per i consigli e la compagnia. Ne ho bisogno: sono venuto in Estonia per rilocalizzarvi la mia società, Edgeryders

Edgeryders è piccola, high-tech e globale, un tipico prodotto dell’età di Internet. Siamo nati come progetto di un’istituzione sovranazionale, il Consiglio d’Europa. Siamo cresciuti come comunità online, i cui membri vivono in cinquanta paesi. Quando abbiamo costruito un’impresa su quella comunità online, i suoi sei soci erano cittadini di sei paesi diversi. Anche i nostri primi clienti sono stati internazionali: il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, UNESCO, Banca Mondiale.

Siamo leali al pianeta Terra, e gli uni agli altri. Dal punto di vista legale, però, questo atteggiamento non funziona: un’impresa deve avere la sede sociale in un solo paese (e praticamente nessun paese ha fatto le sue leggi per imprese come la nostra). Nel 2013, abbiamo scelto di fondare Edgeryders nel Regno Unito. Sembrava una scelta naturale, e lo era. Ha tutto un ecosistema di servizi di ottimo livello per le imprese. I servizi pubblici sono ben progettati, ben documentati e online, dal fisco alla protezione dei dati. Il difetto principale è il banking: servizi cari e disfunzionali, e banche dall’etica discutibile. Ma anche così, i vantaggi superavano gli svantaggi.

E poi è arrivata Brexit.

Non è questa la sede di discuterne i come e i perché politici, né io sono qualificato per farlo. Voglio, però, guardare a Brexit e al dopo Brexit in una prospettiva di gestione del rischio. Ci sono due tipi di rischi qui, ed entrambi erano evidenti anche prima del voto.

Rischio numero uno: diventare merce di scambio. Agli oltre tre milioni di europei che risiedono in UK non è stato permesso di votare. Non sono stati nemmeno consultati. Nel gergo politico del tempo, il ruolo loro assegnato è quello di “merce di scambio” (bargaining chip). Il Regno Unito ritiene di dovere tutelare solo i suoi cittadini. Noi non siamo cittadini britannici. Cosa succede se il governo decide di agire in modo spregiudicato nei confronti dei beni delle aziende possedute da cittadini stranieri? Se blocca i nostri conti correnti, per esempio? Cosa potremmo fare se ci trovassimo a essere a nostra volta una merce di scambio da gettare sul tavolo dei negoziati?

Rischio numero due: subire danni collaterali a causa dell’incompetenza del governo. Nessuno sa davvero cosa succederà in caso di hard Brexit. Cosa succede ai trattati sulla doppia tassazione del reddito, intra- o extra-UE? Come si pagherà l’IVA sulle transazioni UK-UE? Quali sono le conseguenze della decadenza del Regno Unito da membro del WTO (UK è membro del WTO attraverso la membership UE)? Queste domande sono difficili anche per il più competente dei governi. Ma la classe dirigente britannica sembra scoprire le conseguenze di Brexit in modo più o meno casuale, di solito perché un giornalista o un diplomatico straniero porta alla sua attenzione un problema in particolare. Aspetta un attimo, come gestiamo il confine con l’Irlanda? Aspetta un attimo, e Gibilterra? Aspetta un attimo, come teniamo in piedi le università che perdono i fondi di ricerca europei? Cosa succede ai camion in coda a Dover e a Calais il giorno di un’eventuale hard Brexit? Se hai interessi nel paese, queste scene non sono proprio rassicuranti.

Questo è l’argomento razionale per cui Edgeryders, un’impresa britannica posseduta da non britannici, non è a suo agio in un Regno Unito post-Brexit. Abbiamo anche ragioni del cuore, e la principale è questa: non ci piace il nazionalismo. Durante la seconda guerra mondiale ha ucciso cento milioni di persone in Europa. Crediamo, invece, nella pace; pace e prosperità attraverso il commercio. Il commercio è comunicazione: per vendere qualcosa, devi metterti nei panni del tuo cliente, devi empatizzare con lui. Il progetto politico che meglio di tutti incarna questa visione è quello di un’Europa unita, e più è unita e meglio è. In Edgeryders le nostre culture così diverse non ci dividono, ma ci attirano gli uni verso gli altri. Siamo felici di essere uniti nella diversità, e non permetteremo a nessuno di metterci gli uni contro gli altri.

Ragione e cuore, questa volta, sono allineati. Siamo diventati profughi di Brexit. Dobbiamo fare ciò che fanno i profughi: spostarci.

Abbiamo aderito al programma di e-residency dell’Estonia prima ancora del voto per Brexit. Abbiamo scelto l’Estonia perché:

  1. È nell’UE e usa l’Euro. Non corriamo il rischio di perdere l’accesso al nostro mercato principale. Siamo protetti contro il rischio di cambio.
  2. È esplicitamente progettato per imprese location-independent, come noi. È normale che gli e-residents siano non-estoni, o estoni della diaspora.
  3. La teoria dei giochi funziona. L’Estonia è un paese molto piccolo, con solo 1.3 milioni di abitanti. IL governo spera di avere dieci milioni di e-residents per il 2025. Gli e-residents, cioè noi, non sono merce di scambio, ma l’intero business plan del paese, perché dieci milioni di e-residents vuol dire centomila posti di lavoro ben pagati in finanza, assicurazioni, contabilità, servizi immobiliari. Se gli e-residents non si trovano bene se ne vanno, e questo l’Estonia non se lo può permettere. L’equilibrio di questo gioco è che loro ci danno un buon servizio, e noi lo usiamo e teniamo in piedi il loro business plan.

Il sistema è tutt’altro che perfetto. Per esempio, le banche della Repubblica sono sì in Estonia, ma pur sempre soggette alle regole internazionali anti-riciclaggio. Queste regole non sono pensate per imprese location-independent, quindi impongono obblighi costosi se la banca o il commercialista sono in un paese lontano da quello in cui abiti. In Estonia, il governo ti permette di creare un’impresa da una pagina web, ma poi il tuo commercialista ti chiederà una bolletta dell’elettricità (in traduzione estone giurata) come prova di residenza. Le banche sono ancora più ferme: se non ti presenti di persona non ti aprono un conto (anche se il governo sta lavorando per rimuovere la restrizione). In più, i professionisti estoni stanno ancora imparando a lavorare con gli e-residents, e può essere difficile ottenere informazioni.

Ma Marten ha ragione: migliorerà. L’Estonia vuole essere una nazione “apripista” (pathfinding). Viste le dimensioni, giocarsi questo ruolo ha più senso qui che non in Germania o UK. I dirigenti estoni hanno visione (“country as a service”, “zero-legacy policies”, “accounting 3.0”). Hanno una classe dirigente giovane ed energica. Possono farcela. E noi vogliamo fare con loro questo percorso.

Quindi, dite ciao a Edgeryders Osaühing. È una società estone a capitale privato e responsabilità limitata, fondata il 30 marzo 2017. Nel corso del prossimo anno vi trasferiremo le nostre attività e chiuderemo Edgeryders Limited By Guarantee.

Tradotta da Edgeryders. Foto: Troy David Johnson su flickr.com