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La democrazia impotente del professor Keane


Di recente ho avuto la fortuna di assistere a una conferenza del teorico politico John Keane. Il nocciolo di quanto ci ha spiegato è il seguente: dopo il 1945 la democrazia ha cominciato a cambiare pelle, evolvendo verso un modello che Keane chiama democrazia vigilante (monitory democracy). In questo modello, le funzioni di controllo sono affidate non solo al potere legislativo e a organi variamente rappresentativi secondo il classico schema checks and balances, ma vengono esercitate anche direttamente dai cittadini, attraverso i media. L’attuale fase storica di polverizzazione e democratizzazione dei media sta aumentando molto l’efficacia di questo secondo tipo di controllo; in più, la sta globalizzando, grazie al lavoro di organizzazioni native di Internet e prive di lealtà nei confronti di uno stato nazionale, come Wikileaks. La slide chiave della presentazione è stata l’immagine di Gulliver legato dai lillipuziani che vedete qui sopra. Secondo Keane, questa immagine è un’allegoria della democrazia vigilante: con molti lacci, benché ciascuno sia sottile come un capello, si può imbrigliare il Leviatano.

Con il dovuto rispetto, questo modello non mi convince per niente. In primo luogo, è inadeguato in quanto modello positivo: non descrive in modo accurato la realtà. Secondo molti pensatori (tra cui Clay Shirky, molto citato dallo stesso Keane), la principale novità dell’umanità connessa in rete non è un’accresciuta capacità di vigilare e imbrigliare (sebbene vi sia anche questa), ma un’accresciuta capacità di collaborare. Internet ci ha dato, è vero, tantissimi blog che si possono permettere di incalzare le autorità di governo anche su temi molto specializzati e per tempi lunghi, come nessun mezzo di informazione tradizionale potrebbe fare. Ma soprattutto ci ha dato Wikipedia, Ushahidi, Katrinalist/Person Finder e tanti altri strumenti di costruzione collettiva di beni pubblici. Questa non è una modifica marginale: apre orizzonti radicalmente nuovi.

In secondo luogo, la democrazia vigilante è inadeguata in quanto modello normativo: non è solo questa la democrazia che ci serve. Ci aspettano sfide decisive: contenere il riscaldamento globale, ridisegnare un patto sociale accettabile per le giovani generazioni, riportare sotto controllo la finanza. Per fare un tentativo serio di vincerle abbiamo bisogno di istituzioni governative efficaci e capaci di iniziativa. Come il povero Gulliver legato, la democrazia di Keane è impotente: come un’auto con freni potentissimi e molto sensibili, ma un motore inadeguato. Personalmente trovo che il principale dono di Internet sia che, usato bene, ci permette di essere più potenti nell’azione collettiva, non meno. Possiamo controllare le istituzioni collaborando con esse, integrando freni, motore e volante; e sarebbe criminale non usare questo dono per la salvezza e il progresso della nostra specie. Del resto, gli stessi lillipuziani hanno finito per liberare Gulliver, usando la forza del gigante per eliminare la minaccia della flotta nemica di Blefuscu. Spero e credo che noi saremo altrettanto sensati.

L’autore distribuito: i wikicratici presentano Wikicrazia


Ricevo spesso proposte di presentare Wikicrazia, il mio libro sull’azione di governo ai tempi della rete. Il tema è caldo, e lo rimarrà: dal mio punto di osservazione ho l’impressione che in tutta Italia si stiano costruendo spazi di collaborazione tra cittadini e istituzioni abilitati da Internet. In questi mesi di viaggi e di incontri collegati al libro, ho avuto la fortuna di incontrare veramente tante persone competenti, idealiste e appassionate, certamente in grado di fare proposte credibili di governo wiki nei loro territori. Vedo il mio ruolo, almeno in parte, nell’aiutare queste persone a stabilire collegamenti le une con le altre e con il movimento mondiale dell’open government. Sono cresciuto in provincia, e so bene quanta forza possa dare l’agire nel proprio territorio sentendosi parte di un fenomeno globale.

In questo periodo mi trovo all’estero. Mi è molto più difficile del solito spostarmi, e mi ero rassegnato a sospendere gli incontri per diversi mesi. La settimana scorsa, però, ho ricevuto un invito particolarmente interessante, e ho chiesto agli organizzatori se fossero disposti ad ascoltare la presentazione del libro, invece che da me, da qualcuno che lo conosce bene e che si riconosce nel movimento per un governo aperto. La risposta è stata entusiastica. A questo punto ho pubblicato un update su Facebook per sondare la disponibilità dei miei amici e lettori; con mia grande sorpresa, nel giro di un paio d’ore una mezza dozzina di persone (alcune delle quali non conosco personalmente) si sono rese disponibili a presentare il libro. Fantastico: un libro sulla collaborazione, scritto in modo collaborativo, e perfino presentato da una comunità aperta in stile wiki! Non credo sia mai stato fatto.

A questo punto vi faccio una proposta più articolata. Io e Navarra Editore cerchiamo volontari per presentare Wikicrazia al mio posto nei prossimi mesi, quando capita (e capiterà sempre più spesso) che io non possa andare di persona. I requisiti per farlo sono:

  • avere letto il libro. Non è invece necessario condividerlo in toto; potete anche fare una presentazione critica se vi sembra giusto così.
  • essere disposti a parlare in pubblico.

L’obiettivo è costruire un gruppo di wikicratici avanzati distribuiti tra le varie regioni italiane, in grado di parlare con competenza e disinvoltura di queste cose nelle occasioni pubbliche che si organizzano nei diversi territori. Ho la sensazione che un gruppo così potrebbe essere utile anche per fare altre cose.

La carica dei wikicratici


È suonata l’ora dell’open government in Italia. Come molti fenomeni nel nostro paese, non è immediatamente evidente perché parte dalla periferia e si diffonde a macchia di leopardo, invece di essere avviate da una decisione strategica dello Stato centrale come è avvenuto negli USA e nel Regno Unito. In questa fase sembra che i soggetti più vivaci siano le città: basta guardare ePart a Udine), Karaliscrazia a Cagliari, Wikicrazia a San Benedetto del Tronto. Si attendono le mosse della nuovissima giunta di Milano: nel frattempo sia il sindaco Giuliano Pisapia che, soprattutto, l’assessore all’Expo Stefano Boeri (molto attivo su Facebook) continuano a intrattenere una conversazione serrata con i loro sostenitori sui social media.

Scavando un po’, però, si capisce che la vera protagonista di questa fase dell’open government italiano è la società civile. L’iniziativa di San Benedetto parte da un gruppo di cittadini e dal quotidiano Riviera Oggi; a Cagliari le iniziative sono addirittura due, entrambe di matrice società civile (oltre a Karaliscrazia c’è l’Ideario per Cagliari); a Milano, le aperture verso il governo aperto esercitato con strumenti internet sono spinte dell’associazione GreenGeek, che si è mostrata in grado di convogliare verso la collaborazione istituzionale una buona parte dei cittadini connessi che hanno partecipato alla campagna elettorale dell’attuale sindaco (a Udine, invece, l’iniziativa ePart è stata presa dalla giunta). Le giunte, più che prendere iniziative, stanno reagendo alle iniziative dei cittadini. La via italiana all’open government, quindi, è caratterizzata da una doppia anomalia: si svolge più a livello locale che a livello centrale, e la società civile vi svolge un ruolo guida che non mi risulta avere precedenti negli altri paesi.

Altre città seguiranno. Ogni settimana vengo contattato da persone, gruppi e amministrazioni che vogliono lanciare iniziative di collaborazione tra cittadini e giunte; mi chiedono un confronto, mi invitano a iniziative pubbliche. Mi sento onorato e un po’ commosso dal fatto che molte di queste persone usino il mio libro Wikicrazia come un manuale di istruzioni: un libro che non solo ti informa, ma ti abilita a fare.

Questa ricchezza di partecipazione è una risorsa straordinaria, ma nasconde un rischio: quello che gli amministratori si sentano messi alle corde, e percepiscano come una forzatura quella che dovrebbe essere una collaborazione naturale. Il mio primo consiglio alle persone che stanno cercando di costruire esperienze wikicratiche nelle loro città e mi chiedono “come facciamo?” è sempre lo stesso: avete bisogno di coinvolgere il sindaco o la giunta, e preparatevi a modellare l’esperimento in modo che loro ci si ritrovino a loro agio, anche se questo comporta rinunciare ad alcune delle vostre idee. Certo, i cittadini hanno tutto il diritto di fare proposte in autonomia; ma fare proposte non è open government. Per fare open government deve esserci una collaborazione esplicita tra cittadini e amministrazioni: queste ultime detengono la legittimità democratica necessaria a prendere e attuare decisioni che, necessariamente, riguardano tutti i cittadini, anche quelli che non partecipano al processo.

Nei prossimi mesi mi riprometto di dare spazio su questo blog alle tante esperienze di governance collaborativa a livello locale in preparazione o in atto in Italia e all’estero. Le passerò anche un po’ ai raggi X, per distillare le idee migliori da tutta questa energia civica. Se ne conoscete qualcuna e avete voglia di propormela, ve ne sarò grato; mi trovate su questo blog, sui principali social network o all’email alberto[chiocciola]cottica[punto]net.