Archivio della categoria: industrie creative e sviluppo

The waste land: la maledizione di essere creativi (Italiano)

Quando mi sono messo a fare il musicista professionista – era la metà dei ’90 – i miei genitori non hanno esattamente stappato lo champagne. Rispettavano il mio percorso (non che avessero molta scelta), ma temevano che sarebbe stato faticoso, forse anche doloroso.

In effetti, l’economia creativa rende il mondo un luogo molto più brillante, colorato, piacevole. Ci stimola tutti quanti, e dà a chi riesce ad affermarvisi un ruolo davvero invidiabile, quello di chi riesce ad affermarsi percorrendo strade insolite, scommettendo sulla propria unicità, facendo mosse inaspettate che il normale mercato del lavoro non sa come valutare. Ma tutto questo ha un prezzo: per ogni successo ci devono essere almeno dieci fallimenti. Più persone ci proveranno, più saranno quelli che hanno successo, e meglio andranno le cose per tutti noi: ma il crescente incoraggiamento ai giovani a provarci, il fiorire dei premi per la creatività e degli aggregatori di talenti moltiplica anche il numero dei fallimenti. Alcune persone falliscono il primo e magari anche il secondo progetto, fanno tesoro di queste esperienze e indovinano il terzo: ma, inevitabilmente, sono molti più quelli che, dopo uno o più fallimenti, abbandonano il campo, e devono ripensarsi, reinventare un’identità meno intrigante di quella di creativo. Fatevelo dire da uno che ha passato veramente tanto tempo a chiedersi “ma sarò capace? mi sto illudendo sulle mie capacità? a chi interessa davvero ciò che sto facendo?”: è un processo che ha un costo umano notevolmente alto.

E quindi, quando leggo una storia come quella di Walter Giacovelli, ci rimango male. Fare impresa creativa già è difficile in condizioni ottimali: con il sistema paese che rema contro diventa quasi impossibile. Walter, comprensibilmente esasperato dalla galleria degli orrori che fa da sfondo al suo percorso (presenta un progetto sui social media e gli dicono che quell’anno si finanziano solo progetti sull’agricoltura; lavora per IG Students, ma il programma chiude senza pagare i collaboratori; è sempre troppo precoce, o troppo anziano, o “non presenta i requisiti di soggetto svantaggiato”) è arrivato a darsi un ultimatum: o si parte entro cento giorni, o si ammaina la bandiera.

Onore alla bandiera, comunque andrà. So bene che non si possono eliminare le sconfitte dal sistema senza fermarlo del tutto, e so anche che alle sconfitte si sopravvive e si va avanti. Lo so sulla mia pelle, perché le ho subite anch’io (questa, per esempio). Però si può e si deve pretendere da noi, che progettiamo e attuiamo le politiche per la creatività, che ci accostiamo con rispetto ed empatia alle persone che, là fuori, lottano e sognano, e spesso pagano salato. Che ci interroghiamo sempre sul senso di quello che stiamo facendo. Che non ci creiamo microfeudi, non chiediamo esclusive, non pensiamo mai di avere capito tutto. Che non ci abbandoniamo alla retorica (io comincio a stancarmi di sentire ripetere a caso “creatività”, “giovani”, “talento”, “innovazione”). E che sfruttiamo al massimo ogni euro, ogni minuto di tempo per cercare di mettere tutti in condizioni di provarci al meglio.

Niente di nuovo, lo so. Ma tenere la guardia alta è utile anche se non è nuovo.

Un mese da diavolo straniero

Il 24 dicembre derogherò ai rituali natalizi per partire per la Cina. Conto di rimanerci quasi un mese, fino a metà gennaio. Sono curioso di questo paese sterminato sia nello spazio (è molto grande e popoloso) sia nel tempo (è molto antico, e sembra deciso a giganteggiare nel futuro), e vorrei saperne di più. Farò base a Shanghai, ma spero di visitare anche Pechino, Shenzhen, e Hong Kong.

Mi piacerebbe approfittare dell’occasione per incontrare persone interessanti che vivono in Cina, che siano cinesi o “diavoli stranieri” (ci chiamano così, pare) espatriati, e condividere con loro qualche idea. In particolare, mi piacerebbe conoscere esperti/e di sviluppo regionale e di industrie creative, soprattutto dal lato delle politiche pubbliche (funzionari governativi o simili). Se hai dei contatti in quelle città da suggerirmi, ti sono grato se ti metti in contatto con me. Mi trovi su tutti i social network principali (tranne Baidu, dovrò rimediare), o puoi scrivermi a alberto[chiocciola]cottica[punto]net.

Wikicrazia in Puglia con Vendola e un confronto sulle politiche per la creatività

Sono in partenza per la Puglia, per un giro di appuntamenti legati in un modo o nell’altro alle politiche pubbliche in rete. Sono particolarmente contento perché mi darà modo di ritrovare vecchi compagni d’armi e incontrare persone per me nuove e interessanti. Giovedì 2 dicembre mi trovate a Barletta: presento il libro al circolo ARCI Carlo Cafiero insieme a Luigi Pannarale, un sociologo intelligente e curioso.

Venerdì 3 sarò al Festival dell’Innovazione di Bari: al mattino mi aspetta una conversazione sul tema della creatività digitale con Nichi Vendola, presidente della Regione; Vincenzo Vita, presidente della commissione istruzione del Senato; Francesco Morace, sociologo attivo nella consulenza aziendale, presidente di Future Concept Lab; e soprattutto il blogger e scrittore Giuseppe Granieri, con cui lavorammo al primo anno di Kublai.

Al pomeriggio, sempre al Festival dell’Innovazione, faremo una riflessione sulle politiche per la creatività, viste dal laboratorio del Sudest italiano attraverso il filtro di Wikicrazia e del ruolo della collaborazione di massa online: e lo faremo a partire da esperienze concrete e che conosco bene. Annibale D’Elia ci racconterà il progetto Bollenti Spiriti della Regione Puglia; Rossella Tarantino ci racconterà del progetto Visioni Urbane, della Regione Basilicata, simile al cugino pugliese negli obiettivi, ma completamente diverso nell’attuazione; e il vulcanico Walter Giacovelli ci dirà di Kublai, in particolare della sua attivissima colonna sudorientale. Mi aspetto che partecipino molti creativi, mi piacerebbe provare, insieme a chi ci sarà, a immaginare la prossima generazione di politiche per la creatività. Quindi portate post-it e block notes, perché a chi viene sarà chiesto non solo di ascoltare, ma anche di dare una mano a progettare!

Informazioni qui.