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Da Potenza verso casa

Sono a casa! Il contachilometri parziale della BMW segna oltre 2100 km percorsi, e ho un bel po’ di cose da rimuginare. Ieri non ho postato niente perché ero stanchissimo, ho guidato fino alle 21.30 con un tempo abbastanza infame (pioggia, raffiche di vento, lampi…) e un traffico che, a nord di Pescara, diventa davvero sgradevole. Comunque…
Alfredo e io abbiamo trascorso la mattina di ieri nell’ufficio di Rossella alla Regione Basilicata. Ho conosciuto un suo collega del NUVAL, Valerio Giambersio, che lavora con Lorenzo Canova e il gruppo di Sensi Contemporanei al progetto ArtePollino. Mi sembra un uomo concreto e attivo, spero che metterà un po’ di energie anche in Visioni Urbane. Influenzato dalle critiche di Giuseppe di martedì (“il progetto non è protetto, ci sono troppe variabili che non state controllando”) e da una telefonata affettuosa e saggia di Anna Natali di ieri mattina (“la verità è che abbiamo bisogno delle istituzioni, e che nelle istituzioni si parli delle cose che facciamo”) ho proposto a Rossella e Valerio di investire un po’ di tempo mio per raccontare VU a qualche altro pezzo di struttura regionale.

Salutati Rossella e Alfredo (diretto al Pollino), sono partito da Potenza verso le 15. Il tempo era variabilissimo, con vento forte, aria limpida, scrosci di pioggia, squarci di sole, nuvole nere e arcobaleni, per cui mi sono molto divertito fino circa a Pescara (che emozione entrare in Abruzzo e sentire improvvisamente l’odore della vendemmia che penetra nel casco!). Poi il sole è tramontato, le nuvole si sono infittite, ha cominciato a piovere e ho sofferto un po’. Mi sono fermato a dormire a Castelfidardo, appena a sud di Ancona, dove ne ho approfittato per visitare i miei amici della Pigini, un’impresa che fabbrica fisarmoniche. Con Francesca Pigini abbiamo parlato di musica e sviluppo locale, e mi ha chiesto aiuto per immaginare un’azione di promozione della cultura della fisarmonica “appoggiata” sul distretto di Castelfidardo. Pigini – come le altre imprese del distretto – esporta in tutto il mondo, ha una rete di relazioni pazzesca e potrebbe davvero essere una risorsa per lo sviluppo. Chissà, magari anche nel Mezzogiorno si potrebbero coinvolgere in qualche progetto!

Nel frattempo ho finito Cristo si è fermato a Eboli. E’ un libro stranissimo, folgorante. Descrive una Basilicata contadina diversissima da quella attuale, eppure contiene alcune
intuizioni che sembrano illuminare il Mezzogiorno di oggi. Per esempio quando parla dell’antistatalismo dei contadini meridionali; o quando individua il loro vero nemico nella piccola borghesia dei paesi (il medico, l’avvocato, il maestro di scuola, l’arciprete…): “E’ una classe degenerata, fisicamente e moralmente: incapace di adempiere la sua funzione, e che solo vive di piccole rapine e della tradizione imbastardita di un diritto feudale. Finché questa classe non sarà soppressa e sostituita non si potrà pensare di risolvere il problema meridionale.”

Lo sviluppo locale e l’arte della manutenzione della motocicletta

Sono di nuovo in viaggio verso la Basilicata per occuparmi del progetto Visioni Urbane, di cui ho già parlato su questo blog. Questa mattina sono sceso in cortile, ho caricato le valigie, ho messo gli stivali rigidi, il giubbotto con le piastre paracolpi e il casco, sono salito in moto e sono partito alla volta di Matera.
Ho deciso di andarci in motocicletta perché sento il bisogno di immergermi meglio nello spirito dei luoghi (e anche di impararmi meglio la geografia lucana) . Come spiega molto bene Robert Pirsig nelle prime pagine di Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, se viaggi in auto, in treno o in aereo il paesaggio è “cattiva televisione”, ma se viaggi in moto ci sei dentro. La moto dà tridimensionalità ai luoghi che attraversa esponendoti ai cambi di temperatura, alla pioggia, agli odori improvvisi (per non parlare della consapevolezza della continua possibilità di un impatto violento tra il corpo del motociclista e il luogo stesso), e fa in modo che il motociclista li percepisca con più vivezza, con tutti i sensi. Inoltre, chi guida una moto è isolato dagli stimoli esterni. Non può ascoltare musica, telefonare o chiacchierare con gli altri passeggeri (che poi spesso non ci sono).
Questa situazione provoca in me sensazioni molto belle, che sono poi il motivo per cui da 15 anni viaggio in moto. Il primo stadio è quello dello sguardo: sembra di vedere più cose, di apprezzarle meglio, di conservarne ricordi più vividi. Qualche anno fa attraversavo la zona delle risaie del novarese, incantato dal cielo che si specchiava nel “mare a quadretti” delle risaie, come se le vedessi per la prima volta: e invece ci ero passato decine di volte, andando a fare concerti con i Modena City Ramblers. La moto è una macchina per guardare.
Il secondo stadio è quello del pensiero. Se non c’è traffico e vai piano, una parte di te continua a sorvegliare la strada, ma un’altra comincia a percorrere sentieri di pensiero strani e promettenti. C’è tutto il tempo… spesso mi vengono idee per nuove canzoni, o integrazioni a saggi che sto scrivendo. La moto è una macchina per pensare.
Il terzo stadio, che si raggiunge solo in presenza di strade “perfette”, poco trafficate e con il giusto ritmo di curve e salite, è una specie di nirvana, in cui tutto questo rientra nello sfondo e ci si concentra sul presente: questa curva, questa chiesetta che sto passando, questo panorama che si apre all’improvviso quando si raggiunge la cima di questa salita. La moto è una macchina per il satori, o almeno per viaggiare in armonia con i posti che attraversa.
Oggi autostrada, quindi niente satori (anche se l’adriatica non è così male una volta passata Rimini): ho raggiunto Pescara (600 km abbondanti da Milano) per fare una tappa di avvicinamento, e qui mi sono fermato per la notte. Noto con piacere che negli ultimi due mesi ha aperto una nuova libreria che sta aperta fino a mezzanotte: ho comprato una cartina 1:200.000 della Basilicata (l’unico caso in cui non mi va di usare Google Maps o Mapquest) e una copia di Cristo si è fermato a Eboli. Domani vedremo se la mia BMW può essere, in modo del tutto imprevisto dal progettista, uno strumento per occuparsi di sviluppo locale.