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I creativi, il Ministero per lo sviluppo e i progetti di sviluppo locale

Sustainable innovation

Questa settimana sarò a Roma per l’avvio ufficiale di un progetto al quale sto lavorando da tempo, e che finalmente è diventato realtà (contratto firmato, decorrenza 1 marzo). Il committente è il Laboratorio per le Politiche di sviluppo, uno spazio di ricerca e dibattito creato dal Ministero dello sviluppo economico – DPS. Mi sembra un sogno: sono passati poco più di due anni da quando, al WOMEX 2005, sostenevo che il settore della musica è una grande opportunità per le politiche di sviluppo locale e viceversa (il paper scritto per quell’occasione – in inglese – è qui).

A differenza di quanto molti credono, i ritardi nello sviluppo locale non sono addebitabili alla mancanza di risorse finanziarie. Anzi: almeno nel Mezzogiorno, quelli che conoscono bene questo campo concordano sul fatto che le risorse sono abbondanti. Ripetete con me: LE RISORSE NON SONO UN PROBLEMA. Ciò che manca sono da un lato le idee, dall’altro la capacità di realizzarle. Cioè: la gente, le persone di valore. Come spesso accade quando si appostano soldi pubblici, il tema dello sviluppo locale in Italia ha generato una dinamica che gli economisti chiamano di adverse selection: i denari pubblici richiamano soggetti privi di competenze e rapporti con il mercato che investono molto per sviluppare canali con cui accedere a questi denari. Chi investe sulle competenze per ideare e svolgere progetti efficaci è – paradossalmente, ma non tanto – meno efficace nell’accedere a risorse pubbliche, e finisce per cercare una via di crescita tutta interna al settore privato.

Io, però, vengo dal mondo della musica e delle creative industries in generale. Molti di noi appartengono al “secondo settore e mezzo”, parte impresa, parte volontariato culturale. Le dimensioni sono piccole, e un incentivo importante è avere impatto, essere riconosciuti, fare qualcosa per la propria città e il proprio territorio. Credo che nel mio ambiente – o in quello del digitale, la gente con più idee che tempo per realizzarle che affolla i barcamp e che frequento da molto meno tempo – ci siano persone e organizzazioni che hanno sia la capacità che la voglia di dare una mano a migliorare un poco il luogo in cui vivono. Credo che a queste persone e queste organizzazioni manchi un’interfaccia con il mondo delle politiche di sviluppo, percepite come lontanissime e tendenzialmente anche un po’ sospette. Lo credo, anzi LO SO. Dopotutto le conosco bene, ci vivo insieme da quando ero ragazzo.

Il senso del progetto è: andare in giro per l’Italia a reclutare queste persone, e costruire loro intorno un’interfaccia che ne preservi l’energia e la costruttività, senza disperderle in compromessi, burocrazia e rapporti mediocri come è successo a me in Abruzzo. Questa cosa si fa con la credibilità di un’amministrazione centrale – il DPS – come sponsor; una grande autonomia di azione, che mi sono garantito; e un gruppo di lavoro che ho avuto il privilegio di potere costruire da zero e in assoluta libertà (per ora comprende Luca Murrau, economista in forza all’UVAL-DPS; Alfredo Scalzo, anche lui economista, lavora a Studiare Sviluppo e si occuperà tra l’altro di eventi; Marco Colarossi, mio compagno di avventura già da… fa un anno e mezzo, no, Marco?; e l’unGuru Giuseppe Granieri come esperto di reti online). Meglio di così… mi sembra incredibile che un ministero italiano mi paghi per fare questa roba.

Aggiornamenti presto.

Spazi creativi a sud

Una segnalazione dall’ottimo Tito Bianchi, economista in forza all’UVAL: sembra che negli ultimi tempi diverse amministrazioni del mezzogiorno si stiano interessando al tema degli spazi per la creatività. In Basilicata c’è il progetto Visioni Urbane, di cui ho parlato già molto perché sono coinvolto in prima persona come consulente del DPS; a Catanzaro un progetto Formez ispirato da Mimmo Cersosimo e condotto da un gruppo di suoi allievi sta affrontando lo stesso argomento (in realtà vorrebbero coinvolgere anche me, ci siamo incontrati la settimana scorsa per cominciare a parlarne); infine, sono in movimento le varie gemmazioni del progetto pugliese Bollenti Spiriti (ne ha scritto Marco qui), come questa. Questa attenzione mi fa piacere, ma non mi stupisce: gli spazi alla fine sono edifici, roba solida, che si tocca con mano e che porta consenso. La scommessa vera è farli vivere, e per questo temo proprio che ai creativi che rivendicano spazi da gestire serva una qualche nozione che esistono mercati dei prodotti culturali e che bisogna cercarli e svilupparli. Mica facile. Con il gruppo di Visioni Urbane stiamo ragionando su queste cose proprio in questo periodo, vi terrò informati.

User generated policy?

Super di corsa, tra riunioni e concerti. Giusto un flash per fissare un’intuizione: a Roma, giovedì, ho fatto una discussione piacevole con alcuni amici dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici del Dipartimento di politiche per lo sviluppo, al Ministero dello sviluppo economico. Con loro stiamo pensando a un progetto di cui riferirò più avanti.
Comunque, si discuteva delle modalità di interazione tra centro (“il governo”) e istanze territoriali; in UVAL pensano che passi poca informazione e ancora meno collaborazione vera, e io ho proposto e di agganciarci al web sociale per migliorarle. Solo che se stai in una rete sociale vera devi abbracciarne modalità e valori, esserne un nodo tra gli altri. E questo porta dritto verso una situazione in cui da un lato le istanze territoriali (si parla ovviamente di quelle forti e attrezzate dal punto di vista cognitivo) si troveranno non solo a proporre idee progettuali, ma anche criteri di valutazione dei progetti, e perfino obiettivi di policy.
Alla fine di questa fantasticheria Marco Magrassi e io ci siamo guardati, stupiti per l’enormità della cosa. Sono possibili le politiche user generated?