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Un social network è un atto d’amore

Il tempio di Ise è un atto d'amoreIn Here comes everybody (consigliatissimo, ma del resto Clay Shirky è una garanzia assoluta) c’è una frase che secondo me vale il libro. In un capitolo che parla di Wikipedia, viene introdotto il tempio Shinto di Ise, in Giappone, che in oltre un millennio è stato ricostruito sessantuno volte usando legno dallo stesso bosco. Tradizionalmente il legno è il principale materiale di costruzione in Giappone: poiché la durata del legno in edilizia è limitata a un paio di secoli nel migliore dei casi, la soluzione della ricostruzione periodica è l’unica possibile su quel tipo di scala temporale. A questo punto Shirky raggiunge (e fa raggiungere al lettore) un momento di puro satori:

Wikipedia è un tempio Shinto. Esiste non in quanto edificio, ma in quanto atto d’amore. Come il tempio di Ise, Wikipedia esiste perché c’è un numero sufficiente di persone che la amano, e, cosa più importante, si amano nel contesto che essa fornisce. Questo non significa che le persone che la costruiscono siano sempre d’accordo, ma amare qualcuno non preclude l’essere in disaccordo con lui (come la vostra stessa esperienza senza dubbio vi confermerà). [traduzione mia]

Mi ritrovo completamente. La mia piccola esperienza di utente di social network è tutta declinabile in termini di atti d’amore per le diverse comunità che ho frequentato, e per le singole persone nel contesto di quelle comunità. Kublai, il social network che alcuni amici ed io stesso stiamo provando a lanciare, è assolutamente un atto d’amore per i creativi italiani, dalle cui fila (sezione rock’n’roll) io stesso provengo, e che credo portino in sé un seme di futuro. Per questo ci sono sopra in continuazione, leggo tutti i profili e seguo tutti i link, e continuo a stupirmi dell’energia creativa (in genere inutilizzata o sottoutilizzata) che arriva da una società ferma come quella italiana. Dalla “Second Life al contrario” dei giochi online che spingono a uscire di casa e riappropriarsi degli spazi pubblici ai trailers per i libri, la creatività umana riesce a reinventare il mondo e a indicare nuovi percorsi di sviluppo. Questo è un bene preziosissimo, che vale tutti i miei sforzi e anche di più.

(Corollario: il sentiero per lo sviluppo economico implicito in Kublai si basa sulla creazione di infrastrutture cognitive, di cui la community dei creativi è un esempio. Possiamo dire che facciamo sviluppo puntando sull’amore, come forza che ricrea continuamente le infrastrutture cognitive su cui “girano” le iniziative di sviluppo? Troppo mistico?)

Ciao, vuoi comprare il mio amico? Social networks e pubblicità

Copertine di Pattern recognition

Una certa Leyna (26 anni – donna – Southlake Texas, Stati Uniti) ha mandato questo messaggio sul Myspace dei Fiamma Fumana.

Now you no longer have to spend many hours per day to promote your music
on the net.
All YOU have to do is to focus on your music and our E-TEAM will take care of the rest!
Our E-Team has over 9’000 members and continues to grow 5 to 50 new members daily. Each of our E-Team members has a personal MySpace profile
and handles around 40 contacts per day.
This kind of promotion strategy works very effectively with both established artists/bands and with developing ones. In the other words, we are using ‘word-to-mouth’ system, meaning when a member of our E-Team keeps direct contact with a potential fan, it also has a chain-reaction effect.

What You Can Get:
* 350 targeted (fans of your music genre) friend requests daily
* We do not require access to your MySpace account and guarantee that
your account will not be blocked or deleted.

Sign Up Here to test the power of our services – NumberOneMusic. com

Insomma, Leyna mi vende i suoi amici Myspace: li convince a chiedere l’add ai Fiamma Fumana, in modo che il gruppo li possa trasformare in clienti paganti. Non c’è da stupirsi, anzi. Tommaso Fabbri e io ci siamo occupati di marketing virale nel settore della musica nel 2003-2004 (abbiamo anche pubblicato un articolo su Economia e management), e Myspace – il principale social network orientato alla musica è un medium assolutamente naturale in cui ambientare operazioni di marketing virale. Quasi quasi mi compro una campagna, vediamo se riesco a vendere qualche disco o qualche concerto in più.

C’è qualcosa che mi impedisce di farlo. E questo qualcosa – per quanto possa sembrare stupido ed economicamente irrazionale – è che non mi piace l’idea che, tra le decine di persone con cui ho scambi liberi e disinteressati online, ci sia qualcuno che parla con me perché è pagato per cercare di vendermi qualcosa. Naturalmente non posso evitarlo: il fatto che io mi rifiuti di incoraggiare questa forma di pubblicità non la fermerà. Mi sento un cittadino della rete, e ho un forte interesse a mantenere relativamente libero da interessi commerciali lo spazio sociale in cui vivo; esistono certamente uomini marketing che non condividono questo mio interesse, e per i quali una rete orientata alla comunicazione pubblicitaria è un valore invece che un disvalore.

So molto bene che il marketing virale è un paradosso, e che non c’è modo di tracciare una linea che separi nettamente il fan che, dopo anni di devozione, prende un compenso simbolico per gestire il sito del suo artista preferito e il membro dello street team. In un certo senso dovremmo essere contenti: dopo quasi dieci anni dal Cluetrain manifesto le aziende (le band) parlano ai mercati con voce umana, e la voce è quella di Leyna (26 anni – donna – Southlake Texas, Stati Uniti).

In teoria, perché poi il messaggio di Leyna usa un marketingese lievemente sgrammaticato (word-to-mouth?!?) che mi comunica un’impressione di bassa qualità, coinvolgimento zero e me la rende molto, molto antipatica. Non le affiderei mai la mia musica da diffondere: il marketing virale non si fa così, bellezza.

Add rifiutato. Per questa volta. Ma il problema rimane: non voglio passare il mio tempo in rete a chiedermi se il tipo simpatico appena conosciuto sta cercando di vendermi un cellulare o un viaggio, come in Pattern Recognition di William Gibson.

Second office: un ambiente sociale online per interagire e imparare

Mr Volare – cioè io – alla conferenza di Junikiro Jun ieri alla unAcademy

Da qualche tempo faccio da alpha user (lui direbbe “early adopter”) per un’iniziativa di Giuseppe Granieri che si chiama unAcademy, la “non-accademia”. Si tratta di una specie di scuola molto informale che organizza corsi e seminari di approfondimento in Second Life, approfittando del fatto che i ragazzi di Linden Labs hanno introdotto la chat voce (mediante microfoni e cuffie) a maggio. I temi finora trattati (“Diritto d’autore a uso dei bloggers”, “Raccontare il digitale”, “Giornalismo e nuovi media” ecc.) riflettono gli interessi di Giuseppe, il che per me è un benefit aggiuntivo perché mi interessa capire cosa pensa. Ma il punto vero di unAcademy, il motivo per cui ci investo del tempo, è sperimentare SL come metafora abilitante di interazione in tempo reale per fini di collaborazione e condivisione dell’informazione. In soldoni, voglio capire se conferenze, lezioni, seminari e riunioni nella seconda vita “funzionano” come nella prima. Ho la sensazione di imparare qualcosa? Traggo beneficio dall’interazione con le persone che partecipano, con me, a questi incontri? L’interazione è “facile” come in una sala riunioni vera o genera frustrazione, imbarazzo, perdita di senso?

(Nota bene: oltre all’interesse intellettuale c’è anche un interesse molto materiale: sto collaborando con il gruppo di Sensi Contemporanei al Ministero dello sviluppo economico – DPS. Veniamo da tutta Italia, e ogni volta che facciamo una riunione spostarci fisicamente costa tempo a noi e soldi al contribuente. Se ne potessimo sostituire efficacemente qualcuna con incontri online avremmo fortissimi guadagni di efficienza!)

La mia conclusione provvisoria è che unAcademy un po’ funziona. Funziona come metafora dell’aula o della sala riunioni: se tu ti colleghi, teleporti l’avatar alla sede dell’uA, entri in una stanza, ti siedi su un divano di fronte a un megaschermo dove vengono proiettate le slide, in qualche modo questo aiuta l’attenzione e l’interazione rispetto a, per dire, partecipare a una conference call su Skype. Stiamo provando a evolvere alcune convenzioni sociali di uso della piattaforma, che miglioreranno la qualità dell’interazione. Per esempio, nel corso sul diritto d’autore avevamo cominciato a chiedere la parola con una riga di chat testo (digitando “Domanda”). Quando ci veniva data la parola, attivavamo la chat voce e facevamo la domanda. Questo serviva a non darsi sulla voce, in una situazione in cui non puoi usare il linguaggio del corpo (agitarti sulla sedia, cercare lo sguardo del relatore ecc.) per segnalare che vuoi parlare. Un esempio molto più avanzato è “dopo la conferenza tutti in discoteca” per creare un ambiente di sano cazzeggio creativo dopo tutto quel sapere. Man mano che queste convenzioni prendono forma, migliora l’esperienza di apprendimento inworld.

Ci sono ancora diverse cose da migliorare, e di cui noi – o almeno io, che però sono solo un umile studente di uA – dobbiamo capire meglio l’impatto sull’efficacia di SL come ambiente di interazione. Una è l’audio. La conferenza del vicedirettore di Repubblica.it Vittorio Zambardino è stata uno strazio, perché aveva un microfono pessimo che distorceva il suono. Dopo quell’esperienza sono andato a comprare la migliore cuffia Logitech che ho trovato, perché ho capito che un buon audio fa la differenza nell’esperienza che gli altri hanno di te in SL se usi la chat voce.

Un’altra è la banda. uA in teoria ha un numero chiuso, ma in pratica è sempre in overbooking e tutto sommato ti fanno entrare, anche perché bisogna adottare certi accorgimenti per bloccare gli avatar non iscritti. E la banda scarseggia sempre, soprattutto sopra i 10-15 avatar presenti, il che – di nuovo – si traduce in distorsioni digitali e “pixelature” della voce del relatore. Ieri Giuseppe ha dovuto bloccare lo streaming di musica per risparmiare banda e permettere lo svolgimento della conferenza (io lo bloccherei di default, e del resto alle conferenze di uA lo tengo in mute).

Avrei molto da dire sulla mia esperienza in SL (del resto sono un veterano, visto che Mr Volare ha mosso i primi passi inworld a settembre 2006), ma per ora mi fermo qui. A presto aggiornamenti.