Imparare dal Twitterstorm: architetture per la collaborazione

Noi della comunità Edgeryders abbiamo inventato il Twitterstorm a settembre, quasi per caso, come un modo facile e divertente di valorizzare la nostra abitudine a lavorare in rete per promuovere le residenze di unMonastery (istruzioni in inglese). Siccome l’esperimento è andato molto bene, abbiamo deciso di ripeterlo per promuovere Living On The Edge – the unPilgrimage, per gli amici LOTE3. Nel frattempo LOTE3 era diventato un progetto non più solo nostro, ma condiviso con la città di Matera, che ospiterà la conferenza. Il nuovo Twitterstorm, che si è svolto il 14 ottobre alle 11.00 CET, era un’occasione per cominciare a collaborare anche prima che gli edgeryders arrivino fisicamente in città.

Twitterstorm è andato, di nuovo, molto bene. Sono stati lanciati oltre 800 tweets, coinvolgendo 187 utenti di Twitter e raggiungendo in circa due ore oltre 120.000 persone in tutto il pianeta – il doppio degli abitanti di Matera! Ma la cosa più bella è stata la facilità della collaborazione spontanea e decentrata (ciascuno partecipava nella propria lingua, con i propri tempi, e con i propri contenuti). Sono stati scritti tweets in italiano, inglese, portoghese, russo, svedese, francese, tedesco e romeno, da utenti che si trovano in 23 paesi diversi. Sebbene stessimo discutendo di un evento che si svolgerà in Italia, gli italiani erano meno del 40% degli utenti coinvolti.

Partecipanti al TWitterstorm per nazionalità

Questo è un risultato bellissimo, ma è anche un po’ strano. Come è possibile che persone con storie e interessi così diversi, che nella maggior parte dei casi non si conoscono nemmeno, lavorino insieme in modo così naturale?

Possiamo rispondere a questa domanda addentrandoci un po’ in quello che effettivamente è successo il 14 ottobre. Come tutto ciò che avviene in rete, i Twitterstorm sono facili ed economici da monitorare. La figura all’inizio del post visualizza le rete del Twitterstorm: i nodi rappresentano utenti di Twitter, gli archi relazioni tra di essi. Le relazioni sono di tre tipi: Alice segue Bob; Alice ritwitta un tweet di Bob; Alice risponde a un tweet di Bob. Tutti e tre i tipi sono visualizzati con un arco da Alice a Bob.

Basta uno sguardo per capire il segreto di questa collaborazione: il gruppo del Twitterstorm in realtà è formato da tre sottocomunità chiaramente individuabili. Quella verde a sinistra è fatta soprattutto da materani, lucani non di Matera o italiani che hanno con la città un rapporto forte. Quella blu a destra è stata una sorpresa: si tratta di un gruppo di persone che fanno riferimento a Ouishare, una comunità che fa centro su Parigi e che si interessa di condivisione. Quella rossa al centro è la comunità Edgeryders-unMonastery. Il gruppo del Twitterstorm si è mosso come una squadra compatta, ma le relazioni al suo interno sono state intermediate su due livelli. Al livello più alto, la comunità Edgeryders-unMonastery ha connesso il gruppo di Ouishare con i “materani”; a un livello più micro, singoli utenti hanno connesso le sottocomunità tra loro: per esempio, alberto_cottica. i_dauria, benvickers_ e noemisalantiu hanno fatto da cerniera tra i “materani” e gli edgeryders, mentre ladyniasan e elf_pavlik hanno svolto lo stesso ruolo tra questi ultimi e il gruppo di Ouishare (il nome di un utente scritto più in grande significa che il percorso più breve tra un numero elevato di altri nodi della rete passa per l’utente in questione: i matematici dicono che l’utente è “molto centrale”). Gli account più centrali di tutti, edgeryders e unmonastery, gravitano verso il gruppo dei “materani”.

Questa architettura del gruppo è ciò che ha reso la collaborazione facile ed efficiente. Notate che le sottocomunità vengono individuate da un algoritmo che non può sapere se un utente è materano o giapponese: esse non vengono dedotte da informazioni sugli utenti, ma dall’osservazione che gli scambi sono più fitti all’interno dei sottogruppi che tra un sottogruppo e l’altro. Il fatto che guardando l’immagine si possa dire “ehi, ma questi verdi sono quasi tutti di Matera!” è una prova dell’efficacia della scienza delle reti per lo studio di processi di questo tipo.

Leggi il post in inglese per un’analisi più approfondita, in cui mi chiedo anche se il Twitterstorm serva a costruire comunità.

3 pensieri su “Imparare dal Twitterstorm: architetture per la collaborazione

  1. Davide A

    per la verità i primi tweetstorm di cui sono a conoscenza risalgono ad aprile maggio 2012. abbiamo fatto qualche esperimento con rena che puoi trovare qui http://www.progetto-rena.it/tweetstorm/pagina-1/

    immagino che ci siano tante altre cose simili in giro.

    però è vero che una cosa così grande a livello eu (e non solo) non l’avevo mai vista!

    per cui, complimenti! e continuiamo ad apprendere 🙂

    davide

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  2. Davide A

    Ciao! Purtroppo non in tutti i casi siamo riusciti ad effettuare analisi approfondite come le tue (ci ha aiutato alex giordano quando gli era possibile su queste.

    Qui una piccola sintesi di come sono nati gli esperimenti. http://www.progetto-rena.it/2012/08/tweetstorming-in-vista/

    Abbiamo provato ad organizzare cose in contesti diversi (promuovendo noi dibattito, agganciandoci a eventi presenti, avendo un influencer che twittaava in diretta, etc etc9

    Questo uno dei pochi report http://www.ninjamarketing.it/2012/05/18/startup-carriera-e-societing-al-centro-di-una-tempesta-di-tweet/

    Qui un altro http://www.etnografiadigitale.it/2012/06/etnografia-digitale-di-isday/ [meno rilevante perchè ci siamo agganciati ad un evento che viveva di vita propria]

    Come tante cose che facciamo in RENA, purtroppo ci siamo limitati a lanciare degli spunti, senza aver la capacità di “istituzionalizzare” la cosa. Su questo dobbiamo sicuramente migliorare e imparare!

    A presto!

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