La wikicrazia può funzionare?

In questi giorni, come vi preannunciavo, mi sono dedicato a riscrivere Wikicrazia (è la quarta volta!). Ho riletto attentamente tutti i commenti che mi sono arrivati (quasi 200, contando le mie risposte): complimenti a parte, la maggior parte contengono correzioni o proposte di integrazione su punti specifici. Ci sono però anche — e per fortuna — alcune critiche “di sistema”, cioè critiche che, se accettate, renderebbero inutile tutto il ragionamento. Le posso dividere in due filoni; per chiarezza espositiva mi permetto di esagerare un po’ e chiamarli, rispettivamente, “antidemocratico” e “benaltrista” (seguite i links ai commenti, in cui gli autori esprimono le loro critiche in modo più assennato).

Filone antidemocratico: le persone sono facili da influenzare, e anche la democrazia in fondo è una cosa troppo seria per lasciarla fare al popolo. La wikicrazia non è un correttivo perché non porta alla convergenza alla soluzione “più saggia”. Questa preoccupazione è esposta da Francesco Silvestri, Paolo (che scrive in prima persona plurale, perché affiancato dal suo e mio amico Stefano) e Tito. Mi scrive Paolo in una mail (niente paura, mi ha autorizzato a pubblicarla):

Tu sostieni che se c’è abbastanza gente che guarda si correggono gli errori, e citi il caso di Linux e di Wikipedia. Bene, hai ragione. Nel caso di Linux, c’è un gruppo, una rete di tecnici con uno scopo preciso e condiviso, gli errori, se così posso dire, sono dello stesso ordine dell’obiettivo, se non si eliminano l’obiettivo non può essere raggiunto. […] Nel caso delle politiche gli errori e i dati, sono di ordine diverso dalle conclusioni, l’importante è che tutto suoni bene […] Dunque, non si guardano e non si trovano errori, se si trovano la cosa non è troppo importante per il dibattito.

Filone benaltrista: la wikicrazia è un gingillo carino, ma se i governanti sono ottusi e corrotti nulla può. Questo è un tema saltato fuori più volte; due commenti in cui si vede bene sono il precedente commento di Paolo (si legga la parte dove si parla dei rifiuti in Campania) e uno di Giuseppe Paruolo (che è anche l’unico contributo alla discussione lasciato da un politico: Giuseppe, un informatico, è stato assessore comunale a Bologna). Scrive Giuseppe:

Credo sia illusorio pensare che un approccio wiki possa di per sè impedire malgoverno o malafede […] La buonafede di chi governa è un prerequisito indispensabile.

Prendo molto sul serio tanto le critiche quanto le persone che le esprimono, che stimo. Ma non sono d’accordo.

Agli “antidemocratici” c’è un’obiezione facile: nemmeno la democrazia rappresentativa garantisce che si faccia sempre la scelta più saggia: anzi, sappiamo da Churchill che essa è “il peggior sistema di governo mai inventato… salvo tutti gli altri”. Tuttavia rimango abbastanza sereno, la storia ci ha mostrato che i despoti illuminati possono vincere qualche partita, ma il torneo lo vincono sempre le democrazie, con tutti i loro difetti: allargare il novero di coloro che esercitano potere e influenza sembra garantire risultati migliori. Ma c’è anche un’obiezione specifica, ed è che, invece, nella mia esperienza il consenso emerge quasi sempre. Non sono le persone a convergere, ma le conversazioni: cioè, nessuno che sia veramente convinto di una cosa cambia idea, ma chi si avvicina al processo in modo abbastanza laico vede emergere una posizione nettamente più convincente delle altre. In genere succede che a un certo punto qualcuno propone una cosa e tutti si mettono a discutere della proposta, ignorando completamente le posizioni precedenti (e magari contrapposte). Il messaggio è chiaro: quelle posizioni, semplicemente, non hanno trazione, e quindi non hanno legittimità. Certo, chi le sostiene può continuare a spingerle, ma otterrà solo di irritare gli altri: ha già detto la sua, la discussione è andata avanti, cosa vuole ancora? Se le decisioni sono tanto più legittimate quanto più sono partecipate, il dissidente si trova perdente in una discussione fortemente legittimata.

Ai “benaltristi” rispondo che, in un ambiente informativamente trasparente e in cui l’attenzione è una risorsa abbondante le rogne saltano fuori prima o poi e il malgoverno diventa più difficile. La versione finale di Wikicrazia riporta questo esempio canadese, in cui una politica di open data ha permesso di scoprire 3 miliardi di dollari di evasione fiscale (la scoperta l’ha fatta un cittadino, non l’agenzia delle entrate). Mi viene in mente il passo famosissimo in cui Adam Smith scrive che noi non ci affidiamo alla benevolenza del macellaio per mangiare, ma alla sua capacità di fare il proprio interesse; non vedo perché la cosa non dovrebbe valere anche per i politici e i governanti. Non chiediamo loro di essere santi o eroi, ma persone ragionevolmente intelligenti che agiscono in un ambiente che fornisce loro gli incentivi giusti.

Troppo ottimista? Forse. Ma in Wikicrazia ho deciso di non lasciare nessuno spazio alla lamentazione e al cinismo, al “governo ladro” e al vaffa. Sono posizioni che comprendo e rispetto, ma in questa fase scelgo di non farle mie e di concentrare i miei modesti sforzi su ciò che possiamo migliorare qui e adesso, senza aspettare cambiamenti sistemici o rinnovamenti culturali. E senza scuse.

5 pensieri su “La wikicrazia può funzionare?

  1. Rizomagosophicus

    … Alberto, sono orgoglioso di avere dato un piccolo contributo a “Wikicrazia” semplicemente favorendo un contatto tra te e Giuseppe Paruolo: lo auspicavo da mesi! Due persone che stimo enormemente e che (pensavo, tra me e me), prima o poi avrebbero dovuto incontrarsi!
    Su Linkedin siete presenti tutti e due, eeeeh! ….

    Spero di poter acquistare tra i primi la mia copia di Wikicrazia.
    Poi ti cercherò per chiederti la dedica di rito (stavolta però porterò anche i tuoi dischi da autografare!): non puoi esimerti!!!

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  2. lg

    oh utile e interessante il riassunto delle puntate precedenti 🙂 (se è dura per te leggere 200 commenti…). Al volo: scusa ma sento un suono veramente sinistro nel tuo discorso sul consenso. da ex allievo (se non suona pomposo) di un libertario che ha divulgato in italia così tanti maestri del dissenso, nella scienza *e* nella democrazia… Poi, sull’ottimismo (ho tumblerato ieri la copertina di Candide): *non* essere ottimisti *non* significa essere pessimisti, e neppure lasciar spazio a “lamentazione, cinismo etc.”. Si tratta solo di esercitare ragione (con la r minuscola) e buon senso. Btw, ricordiamoci che da 20 anni a questa parte l’ottimismo tecnologico, al netto degli interessi più ovvi di grandi e piccoli protagonisti del mercato (ne faccio parte come sai), è lo specchio di un pessimismo distopico ancora più antico (talora non meno ideologico). Insomma, è proprio una contrapposizione così… certo, un buon argomento per uno storico delle idee o un sociologo etc. Ultima osservazione: l’argomentazione “benaltrista” (ti boccio il nome per ragioni estetiche eh 😉 pare pure a me poco convicente in generale, o meglio, molto dipende dai fini. Forse ci vuole “ben altro” per riformare la democrazia, vero, ma se, per dire, un wiki urbano rendesse una discussione sul PRG qualcosa di diverso da un fatto tecnico tra lobbisti e professionisti, be’, per me sarebbe già un gran risultato (suggerimento implicito: i fini si possono indebolire senza togliere forza al discorso). Andato lungo… In bocca al lupo per la stretta finale!

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  3. paolo

    Bene, mi fa piacere che Albert non sia d’accordo, sarei stato un po’deluso del contrario e questo ci dà speranze di continuare a discutere per qualche anno…
    Grazie dnque ad Albert per quello che ha fatto e sta facendo, per l’attenzione ai commenti, per l’occasione di discutere che ci ha dato.

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  4. Tito

    Devo dire che non mi sento ben classificato tra gli anti-democratici. E’ vero però che mi sento vicino al pensiero di lg. Insomma non convergo 😆
    Comunque trovo straordinario il lavoro che fai anche per la proprietà che ha di raccogleire commenti di livello medio così alto. Dando anche a uno come me che non si muove propriamente su questi tipo di dibattito, l’occasione di leggerli

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