Policy by gaming: EVOKE e altre storie

Qualche settimana fa sono entrato a fare parte di un’organizzazione semisegreta che nel 2020 salverà il mondo. Per ora ci stiamo solo addestrando, ma sappiamo già che tra dieci anni il nostro capo, il misterioso Alchemy, chiamerà, e allora dovremo entrare in azione. Grazie all’addestramento la sua chiamata non ci coglierà impreparati.

Sto giocando a EVOKE. Si tratta di un gioco di realtà alternativa (ARG, per alternate reality game) lanciato dalla Banca Mondiale. L’idea originale è di educare i giovani, soprattutto africani, all’innovazione sociale e allo sviluppo, usando il gioco come ambiente di apprendimento (qui il post di annuncio sul blog della Banca Mondiale).

Gli ARG promettono bene come ambienti di apprendimento. Se li progetti bene sono molto più coinvolgenti delle lezioni in classe. Hanno due vantaggi. Uno è la dinamica di gioco: ti assegnano delle missioni, e quando riporti di averle portate a termine (in EVOKE si fa scrivendo post su un blog) l’interfaccia di gioco ti ricompensa con punti, promozioni di livello, riconoscimenti etc. C’è un piacere profondo nel vedere il tuo cruscotto che si illumina con le missioni compiute. L’altra è la narrazione: le storie toccano qualcosa che è cablato in profondità nella nostra corteccia cerebrale, per cui “ehi, leggiti qualcosa sulla scarsità d’acqua – è bene che se ne sappia di più” ci suona diversissimo da “Agente Alberto, Alchemy ha bisogno che tu salvi il mondo dalla minaccia della scarsità d’acqua! Fai una ricerca sui modi innovativi di affrontare il problema, e condividila con la nostra organizzazione segreta” – anche se, naturalmente, all’atto pratico è la stessa cosa. Nonostante alcuni problemi residui di progettazione (come le difficoltà di trovare le migliori missioni per un novellino che volesse orientarsi, o i quests, che a quanto pare non hanno influenza sulla dinamica di gioco), EVOKE sfrutta questi vantaggi abbastanza bene. Man mano che gioco, completando missioni e ricevendo punti e commenti da altri agenti, sento la trazione quasi fisica che i gamers conoscono bene.

A quanto pare non sono l’unico. EVOKE ha attirato oltre 15.000 giocatori nel primo mese. Come sempre, molta gente fa poco o niente, ma c’è una minoranza molto attiva che sta producendo idee incredibili, e spesso poi va fuori e le realizza, gioco o non gioco. Gli agenti migliori hanno creato roba come SEED (per migliorare la qualità della vita e le opportunità attraverso un’istruzione personalizzata in Sierra Leone), Gratitude Gardens (“una combinazione di incubatori di impresa sociale, banche dei semi vive, e spazi di ritrovo per la comunità”), uno sforzo di mettere in piedi una rete globale di raccolta per la ONG americana Hopephones. Alcuni agenti stanno creando uno spazioche resterà a disposizione dopo la fine di EVOKE (a maggio), EVOKE4EVER.

Sembra però che ci sia un lato oscuro in EVOKE. Alcuni giocatori sostengono che loro commenti di tono un po’ critico sono stati cancellati dal feed delle attività principali per evitare che si diffondessero; e alcuni dei giocatori di profilo più alto sono addirittura spariti dalla rete. Gira una brutta parola, censura. La Banca Mondiale non ha confermato queste voci (e potrebbero addirittura essere parte della storia dell’ARG!); ma conosco personalmente innovatori sociali brillanti che, in questa controversia, hanno perso fiducia in EVOKE e spostato il loro impegno altrove. E questa è una cattiva notizia, perché coinvolgere person così è la ragione per cui EVOKE esiste. La lezione da portare a casa è la solita del web 2.0: le reti di agenti intelligenti (come le persone, da non confondersi con le reti di agenti stupidi come i neuroni) si possono fare nascere, crescere, influenzare e distruggere, ma MAI controllare. Se non puoi accettare che facciano cose che non avevi previsto, meglio non cominciare neanche. (Tito Bianchi ed io abbiamo sostenuto queste cose in maggiore dettaglio altrove). Ho scritto alla Banca Mondiale chiedendo un loro commento, ma non ho ancora avuto risposta.

Ma questo è vero di tutto il governo 2.0. Il punto è che i giochi sono uno strumento di policy molto promettente, perché hanno un grande potenziale di incanalare gli sforzi delle persone grazie non a comando e controllo (la polizia) o incentivi economici (tasse e sussidi), ma in un modo nuovo, con la dinamica di gioco e le storie. La Banca Mondiale non è sola in questo sforzo pioneristico: in realtà sta seguendo le orme del Comitato Olimpico Internazionale (The Lost Ring, 2008), la Corporation for Public Broadcasting (Flashback, 2008), l’Institute for the Future (Superstruct, 2008). Tutti questi giochi, tranne Flashback ma incluso EVOKE, sono stati progettati a qualche livello dalla guru dei pervasive games Jane McGonigal. La sua visione è semplice: mettere a valore i miliardi di ore settimanali e l’entusiasmo instancabile che in genere si mette nei giochi su internet (guardatevi la sua presentazione a TED, brillante anche se contiene un errore, e cioè non tiene conto del fatto che i ragazzi passavano molto tempo a giocare anche prima dei giochi online).

Per una volta, l’Italia non arranca nelle retrovie. Questo è soprattutto grazie a CriticalCity, una giovane startup milanese che ha lanciato il proprio pervasive game nel 2008; ha creato un eccitante ARG nel 2009 a Matera, città patrimonio mondiale dell’UNESCO; e sta ora lavorando a un ARG su larga scala (“un gioco grande come la vita”, come amano dire). Ho l’onore di servire nell’advisory board, e ho intenzione di tenere gli occhi aperti sulle opportunità di imparare a fare politiche pubbliche attraverso i giochi. Quanti punti vale?

4 pensieri su “Policy by gaming: EVOKE e altre storie

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