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Segni vitali: accordo Beatpick-Umedia per le sincronizzazioni in Creative Commons

Una mail di Davide D’Atri mi porta una piccola buona notizia dal music business: l’etichetta l’anglo-romana Beatpick, di cui Davide è fondatore, ha piazzato 130 brani musicali del suo catalogo per la sincronizzazione con la trasmissione televisiva (di La7) Universification. Secondo Davide è la prima volta che musica pubblicata con licenza Creative Commons arriva sui canali televisivi nazionali.

Sono contento di questo successo, che Davide e Beatpick meritano ampiamente. In realtà io penso da tempo che le licenze flessibili e a bassi costi di transazione conferiscano un piccolo vantaggio competitivo a chi le usa. In questo caso, la licenza Creative Commons consente un uso libero non commerciale (il ragazzino può scaricare la musica gratuitamente), mentre concede l’uso commerciale a pagamento (la produzione di Universification paga per usare i brani). Questo evita la “scrematura” della SIAE – percepita come una tassa dagli operatori – e soprattutto le lungaggini nel trattare con le editoriali di proprietà delle majors, che detengono cataloghi sterminati ma non valorizzano che pochissime cose. Di fatto funzionano bene per trattare i diritti dei brani delle stars con Hollywood ma non prestano attenzione alle proposte delle piccole e medie produzioni. Anch’io, quando ho avuto bisogno di musica per i video di Kublai, mi sono rivolto a Beatpick, in modo da non avere restrizioni legali sulla circolazione dei materiali prodotti. Quindi scaricate, forwardate, embeddate pure: è SIAE-free, è legale, è Beatpick.

Tempesta perfetta, il giorno dopo

E’ stato divertente ieri Tempesta perfetta! Siamo riusciti a interagire bene tra il mio soggiorno pieno di gente e l’auditorium di Kublai in Second Life, e l’atmosfera di casa è stata anche più raccolta di quella del pur bellissimo Creaticity Gate.

Ma soprattutto, la discussione è stata molto interessante. Gli interventi di Francesco, Antonio e Gabriele sono stati puntuali e profondi: e la platea era piena di gente che la tempesta perfetta la vive tutti i giorni, da Swina di B-Side a Giuseppe di Sounday, da Alberto a Rossella – una mia ex studentessa e collaboratrice, ci tengo a dirlo – che lavora in Sony. Mi sono rimaste in mente due cose, soprattutto.

Una è questo video, prodotto dalle pubbliche relazioni di PMI e FIMI (associazioni di categoria di produttori musicali e case discografiche. Racconta la storia di un gruppo – i Greenwich, che esistono davvero – che ha il sogno di fare musica, e ce la fa. Grazie ai nostri discografici! Grazie al produttore musicale, che diventa come uno di noi! E noi che credevamo che si potesse fare un disco con il computer di casa! L’ideologia della professionalità in musica – che dimentica completamente la lezione del punk, “ehi, anch’io posso fare questa roba!”- è stata analizzata bene da Francesco. La beffa, però, è che da due settimane i Greenwich non esistono più: la cantante partecipa a X-Factor come solista (cambiando nome, come negli anni sessanta), immagino con il consenso – se non l’incoraggiamento attivo – dei “nostri discografici”. Mi chiedo come si sentiranno gli altri componenti della band, rimasti fuori dai giochi, a riguardarsi questo video. E ci sta in pieno: i Greenwich fanno un pop blando, decaffeinato e IMHO strasentito. Per i reality è perfetta.

L’altra è la mail notturna che mi ha mandato Alberto :

Chiaro che l’industria musicale non sa abbracciare il modello Internet, ed è altrettanto chiaro che per ora, con radio e tv, è ancora ben più efficace della Rete stessa. Ma la domanda è appunto quale sia il modello che funziona

Parallelo con altra soft industry, la mia: il giornalismo. Chiaro che con il blog non si guadagna niente. Tre anni che investo e ancora neanche un segno – ma anche Cory Doctorow con Boingboing ci ha messo cinque anni prima di prendere pubblicità. Però è altrettanto chiaro che è questo il modello emergente

Morale: non c’è salvezza dalla Tempesta Perfetta. Non c’è un percorso di transizione che sia sicuro e indenne. Se sei un musicista, devi buttare via il modello vecchio, mettere in conto investimenti per qualche anno di sperimentazione e infilarti nel tunnel, anche se nn vedi la luce in fondo

Per questo secondo me è meglio interrogarsi su quali siano le sperimentazioni / i modelli emergenti che funzionano (splendido l’intervento di D’Amato), anziché sbattersi a cercare una via di fuga. Non c’è

My two cents, sperando che lì la discussione vada ancora avanti, tu mi legga, e serva a qualcosa. Il che sicuramente non è, quindi buonanotte o buongiorno, a seconda

Quoto. Fuori, dieci anni dopo Napster, la tempesta perfetta continua a infuriare.