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Vi presento Edgeryders: the corporation without permission

Quando ero al Consiglio d’Europa nel 2011-2012 ho diretto un progetto chiamato Edgeryders. L’idea era questa: usare Internet per fare emergere una comunità di policy intorno a un problema, e rendere la comunità così creata un motore per generare proposte di riforma su quel problema. Abbiamo chiamato questa cosa open consulting. La sua bellezza è che:

  1. Tutti possono acquisire lo status di citizen expert su quel particolare tema, semplicemente iscrivendosi a una piattaforma online e cominciando a collaborare. Questo rende il sistema inclusivo e gli dà legittimità democratica.
  2. La scalabilità del meccanismo (aiutata da tecnologie di “mietitura” della conversazione intorno al tema) dà luogo a dinamiche di intelligenza collettiva. Questo rende questo tipo di consulenza più creativo, veloce, economico e variato della consulenza tradizionale.

L’approccio ha funzionato. Ha funzionato così bene che, alla fine del progetto, abbiamo deciso che il valore della comunità che si era raccolta intorno a Edgeryders era troppo grande per sprecarlo. Così, alcuni di noi hanno deciso di investire il tempo e denaro privati in uno spinoff del sito di Edgeryders dai servers del Consiglio d’Europa e migrare la comunità su una nuova piattaforma, sviluppata ad hoc. Un’impresa non profit incorporata in UK, Edgeryders LBG, è stata creata per mantenere l’infrastruttura tecnica (la piattaforma) e sociale (il lavoro di community management e l’incontro annuale, Living On The Edge) necessaria per sostenere la comunità e farla crescere. Già con questo abbiamo creato un bene pubblico: quando il Consiglio d’Europa ha spento il server, siamo intervenuti per mantenere il contenuto di Edgeryders – pagato dal contribuente europeo – online e accessibile.

Stiamo avendo un certo successo nell’aiutarci a vicenda a lanciare progetti cutting-edge di innovazione sociale, come unMonastery e Economy app, ma siamo riluttanti a provare a monetizzare questo sostegno peer-to-peer per non danneggiare l’etiica della comunità. D’altra parte, non abbiamo intenzione di cercare fondi pubblici: troppo lenti, troppo vicini alla politica, troppo instabili. Quindi, abbiamo deciso di cercare la sostenibilità di Edgeryders vendendo open consultancy sul mercato. Immaginateci come un grande bottone rosso con la scritta “pronto intervento hackers”: quando avete a che fare con problemi intricati, stakeholders arroccati e veti incrociati; o semplicemente quando sentite il bisogno di menti fresche per accompagnare il vostro percorso, premete il bottone. Arriveremo per aiutarvi a aggregare e mettere in campo una rete ad-hoc di hackers, citizen experts e pensatori radicali intorno al vostro problema.

Pensiamo di avere una chance di riuscire dove altri consulenti falliscono perché siamo un’azienda cablata in modo molto diverso da tutte le altre: siamo una corporation without permission. Edgeryders LBG è una shell aziendale, in modo esattamente analogo alle shell per i software applicativi; un’interfaccia tra il cliente e il motore di intelligenza collettiva del sistema, che risiede non nella shell ma nella comunità. Ecco come funziona: chiunque abbia un progetto coerente con l’ethos di Edgeryders è incoraggiato a pensarsi come parte di Edgeryders. Questo significa fare proposte alla comunità e discutere possibili progetti, ma anche cercarsi un cliente senza dovere chiedere il permesso di farlo. Chiunque può rappresentare Edgeryders: le persone possono chiedere un indirizzo di posta elettronica @edgeryders.eu e noi glie lo creeremo senza fare troppe domande, purché il progetto non sia in contraddizione con i valori della comunità. Se poi il progetto trova una sponda (come è avvenuto per unMonastery) la persona che lo ha proposto viene assunta per gestirlo. Edgeryders LBG mette a disposizione l’infrastruttura aziendale per realizzarlo: costruzione della squadra, tecnologia, outreach e ingaggio, fatturazione, banking. Il tutto viene regolato da accordi ad-hoc tra i leader di progetto e l’azienda, perché tutti i progetti e i loro leaders sono diversi tra loro. Una volta che un contratto viene firmato, il consiglio di amministrazione assume la responsabilità per portarlo a termine, come con qualunque azienda.

Questa organizzazione implica autoselezione. Ciascun individuo in Edgeryders si impegna in ciò che sa fare meglio e ciò che lo appassiona di più. Chiunque può proporre idee e linee di lavoro; ciascuna di queste idee può attirare interesse e partecipazione da parte della comunità, e così svilupparsi (ma certamente non tutte lo faranno). Tutta questa apertura implica un tasso di generazione di nuove idee molto alto – e un loro tasso di “mortalità” per abbandono altrettanto alto. Quelle che sopravvivono a così tanta selezione naturale tendono a essere molto, molto forti – e i clienti possono avvantaggiarsene.

L’apertura estrema, oltre a essere la nostra fonte di vantaggio competitivo, fa di Edgeryders un’impresa sociale. È una mossa elegante, perfino emozionante. Molti dei nostri citizen experts vivono sul limite della società: sono hackers, permacoltori, attivisti, artisti. Si occupano di valute basate su algoritmi criptografici, open source, economia della condivisione, stili di vita nomadi, nuove forme di istruzione, nuove costellazioni familiari. Quasi nessuno è benestante; molti sono giovani; molti fanno parte di minoranze varie; la maggior parte è decisamente povera. Non potrete mai assumerli, perché non riusciranno a passare attraverso il firewall del dipartimento risorse umane, che non capisce né riconosce le loro competenze. Se anche riuscissero ad attraversarlo, probabilmente si rifiuterebbero di lavorare per voi – molti di loro non riescono a essere efficaci se inseriti in una burocrazia o in relazioni gerarchiche. Noi forniamo loro un’interfaccia che permetta a loro di restare fedeli a se stessi, e a voi di mantenere procedure solide. È come il sesso sicuro: permette di sperimentare a rischio minimo. Vinciamo tutti.

Questa è una novità anche per me personalmente. Dopo quasi dieci anni di lavoro nel settore pubblico o per esso, ho deciso di fare il passo nell’imprenditoria sociale. In parte lo faccio perché mi sono convinto che innovatori e riformatori nel settore pubblico hanno bisogno di alleati esterni, che portino agilità, pensiero laterale e, sì, anche coraggio. Ma lo faccio soprattutto perché mi piace la comunità di Edgeryders, me ne fido e sento che mi sostiene; e perché ammiro i miei soci in Edgeryders, e non voglio perdere l’occasione di lavorare con loro. Ve li presento (ma potete vederli e ascoltare le loro voci nel video):

  • Matthias Ansorg, CTO: un solido hacker tedesco open source. Gli ho visto fare cose con la tecnologia che per noi Babbani confinano con la stregoneria. Abita in un autocarro dei pompieri del 1968 che ha riconvertito in una casa mobile. C’è bisogno che dica altro?
  • Arthur Doohan, CTO: un banchiere apostata irlandese (“Mi ero stufato di fare il giocatore d’azzardo professionista con i soldi degli altri” con una formazione da ingegnere. È il fondatore del Partito Pirata irlandese.
  • Noemi Salantiu, responsabile della community: una giovane scienziata sociale romena con un notevole talento nel coltivare dinamiche sociali che conducono all’intelligenza collettiva.
  • Ho lasciato per ultima la persona più speciale: la nostra Gloriosa Leader Nadia El-Imam, CEO, sudanese-svedese, interaction designer, attivista, forza della natura e una delle persone con più integrità che abbia mai conosciuto.

Ok, mondo. Ti lamenti in continuazione che vuoi più innovazione, diversità, apertura e leaders giovani. Edgeryders è fortemente credibile in tutte queste dimensioni (finora non ho parlato di età, ma tre dei cinque partner hanno meno di 35 anni, con una CEO di 32); e, ciò che più conta, ha dimostrato di essere in grado di consegnare un prodotto di qualità alta. Non stiamo cercando investitori: stiamo cercando clienti. Vediamo se fai sul serio o se, al momento di scegliere un consulente, sceglierai i soliti sospetti. Ci trovi su Linkedin (più leggibile, per i clienti) e sul nostro workspace (caotico e creativo, per la comunità).

Cerco (altri) radicali

Diogo Vasconcelos R.I.P. Un anno fa, persone che conosco bene e stimo mi hanno chiesto di fare il giudice in una cosa che si chiama European Social Innovation Competition. È un’iniziativa della Commissione Europea; un tentativo di onorare la memoria di Diogo Vasconcelos, grande sostenitore della causa dell’innovazione sociale negli ambienti europei. Ho accettato, e imparato molto dal processo. Considero un onore che la Commissione mi abbia chiesto di servire come giudice per il secondo anno.

Come l’anno scorso, scelgo di interpretare il mio ruolo di giudice come campione di progetti radicali, nati dal pensare completamente fuori dagli schemi; e, ancora di più, di persone insolite per portare avanti quei progetti. Non è detto che un innovatore sociale debba corrispondere allo stereotipo del giovane genio “cambieremo il mondo” della Silicon Valley. Chiunque tu sia, dovunque tu sia (cittadini non-EU possono partecipare in alcuni casi), avrai il mio sostegno se hai una grande idea e ti impegni a portarla fino in fondo. Potrei non riuscire a capire fino in fondo cosa hai in mente – e certamente potrei non riuscire a convincere gli altri dieci giudici – ma prometto che non mi lascerò spaventare, non importa quanto disruptive e spaventoso sia il tuo progetto.

Si vince denaro (tre progetti vinceranno 30K euro ciascuno); mentoring; e riconoscimento. Avanti, fratelli e sorelle d’Europa, facciamo vedere al mondo che abbiamo idee per migliorare il mondo, e cuore per portarle avanti. Vi copro io. Scadenza 21 dicembre.

Aggiornamento: online la documentazione della sessione Come vincere la European Social Innovation Competition a #LOTE3.

Imparare dal Twitterstorm: architetture per la collaborazione

Noi della comunità Edgeryders abbiamo inventato il Twitterstorm a settembre, quasi per caso, come un modo facile e divertente di valorizzare la nostra abitudine a lavorare in rete per promuovere le residenze di unMonastery (istruzioni in inglese). Siccome l’esperimento è andato molto bene, abbiamo deciso di ripeterlo per promuovere Living On The Edge – the unPilgrimage, per gli amici LOTE3. Nel frattempo LOTE3 era diventato un progetto non più solo nostro, ma condiviso con la città di Matera, che ospiterà la conferenza. Il nuovo Twitterstorm, che si è svolto il 14 ottobre alle 11.00 CET, era un’occasione per cominciare a collaborare anche prima che gli edgeryders arrivino fisicamente in città.

Twitterstorm è andato, di nuovo, molto bene. Sono stati lanciati oltre 800 tweets, coinvolgendo 187 utenti di Twitter e raggiungendo in circa due ore oltre 120.000 persone in tutto il pianeta – il doppio degli abitanti di Matera! Ma la cosa più bella è stata la facilità della collaborazione spontanea e decentrata (ciascuno partecipava nella propria lingua, con i propri tempi, e con i propri contenuti). Sono stati scritti tweets in italiano, inglese, portoghese, russo, svedese, francese, tedesco e romeno, da utenti che si trovano in 23 paesi diversi. Sebbene stessimo discutendo di un evento che si svolgerà in Italia, gli italiani erano meno del 40% degli utenti coinvolti.

Partecipanti al TWitterstorm per nazionalità

Questo è un risultato bellissimo, ma è anche un po’ strano. Come è possibile che persone con storie e interessi così diversi, che nella maggior parte dei casi non si conoscono nemmeno, lavorino insieme in modo così naturale?

Possiamo rispondere a questa domanda addentrandoci un po’ in quello che effettivamente è successo il 14 ottobre. Come tutto ciò che avviene in rete, i Twitterstorm sono facili ed economici da monitorare. La figura all’inizio del post visualizza le rete del Twitterstorm: i nodi rappresentano utenti di Twitter, gli archi relazioni tra di essi. Le relazioni sono di tre tipi: Alice segue Bob; Alice ritwitta un tweet di Bob; Alice risponde a un tweet di Bob. Tutti e tre i tipi sono visualizzati con un arco da Alice a Bob.

Basta uno sguardo per capire il segreto di questa collaborazione: il gruppo del Twitterstorm in realtà è formato da tre sottocomunità chiaramente individuabili. Quella verde a sinistra è fatta soprattutto da materani, lucani non di Matera o italiani che hanno con la città un rapporto forte. Quella blu a destra è stata una sorpresa: si tratta di un gruppo di persone che fanno riferimento a Ouishare, una comunità che fa centro su Parigi e che si interessa di condivisione. Quella rossa al centro è la comunità Edgeryders-unMonastery. Il gruppo del Twitterstorm si è mosso come una squadra compatta, ma le relazioni al suo interno sono state intermediate su due livelli. Al livello più alto, la comunità Edgeryders-unMonastery ha connesso il gruppo di Ouishare con i “materani”; a un livello più micro, singoli utenti hanno connesso le sottocomunità tra loro: per esempio, alberto_cottica. i_dauria, benvickers_ e noemisalantiu hanno fatto da cerniera tra i “materani” e gli edgeryders, mentre ladyniasan e elf_pavlik hanno svolto lo stesso ruolo tra questi ultimi e il gruppo di Ouishare (il nome di un utente scritto più in grande significa che il percorso più breve tra un numero elevato di altri nodi della rete passa per l’utente in questione: i matematici dicono che l’utente è “molto centrale”). Gli account più centrali di tutti, edgeryders e unmonastery, gravitano verso il gruppo dei “materani”.

Questa architettura del gruppo è ciò che ha reso la collaborazione facile ed efficiente. Notate che le sottocomunità vengono individuate da un algoritmo che non può sapere se un utente è materano o giapponese: esse non vengono dedotte da informazioni sugli utenti, ma dall’osservazione che gli scambi sono più fitti all’interno dei sottogruppi che tra un sottogruppo e l’altro. Il fatto che guardando l’immagine si possa dire “ehi, ma questi verdi sono quasi tutti di Matera!” è una prova dell’efficacia della scienza delle reti per lo studio di processi di questo tipo.

Leggi il post in inglese per un’analisi più approfondita, in cui mi chiedo anche se il Twitterstorm serva a costruire comunità.